Luigi e Fernanda

Non ho avuto la fortuna di conoscere Luigi. Non ho fatto in tempo. Ma so che mi sarebbe piaciuto tantissimo un uomo che adora la sua compagna ed è talmente fiero di lei da raccontarlo a tutti. Avrei invidiato il loro modo di cercarsi con lo sguardo, di sfiorarsi. Avrei ammirato con quale devozione l'uno si dedica all'altra, come note intonate. E poi, con quei fili argentati tra i capelli, a smanettare tra asparagi e radicchio di sua produzione, me lo immaginavo sollevarsi il colletto della maglietta, per mostrarsi giovane. 

Forse non lo avrei chiamato Iietto, come i suoi fedelissimi, ma Gegè o forse Ginetto, Genga o Gigino sì, come si chiamano gli amici, quelli buoni e simpatici. Quelli che si emozionano subito, anche per un goal della squadra del cuore. Quelli con la mano sudata e le gocce sotto ai baffi. Gegè li aveva i baffi, fino a prima della pensione.  

Dei suoi occhi nocciola Fernanda mi descrive il mondo che vi ci trovava dentro. Era fatto solo di cose belle. Di contatto con la natura, di cultura, di passioni, di un volontariato condiviso con lei. Ed era quella routine mattutina, tra Resana e Piombino Dese ad alimentare quella scossa di ogni giorno, per immergersi nella cronaca, letta sulla Tribuna,  nelle vicissitudini del mondo, e nella sua squadra nerazzurra, sulla Gazzetta. Perchè il profumo dei quotidiani acquistati a Piombino era presente in casa De Marchi già alle sette del mattino, insieme a quello di caffè e di Fernanda, che, nella scia delle mille cose da fare, lasciava molecole di "lei" attaccate al naso di Luigi. 

Odori che in quella stanza numero 11, il giorno 11, si sono chiusi in un barattolo, per non poterli sentire più. “Uno”  di fronte ad “uno”. Quando una mano si agita appena, dove la voce si confonde nell'aria rarefatta di una stanza piena d'ossigeno, ma dove l'ossigeno manca. 

Ecco, in quell'infinita tenerezza Luigi si è perso, accanto a Fernanda, che sentiva di poter toccare il cielo ormai, pronto ad accoglierlo come se bastasse allungare una mano verso l'alto. 

Allora tracci un quadro preciso, terribile, dove ti sembra che la testa sia spessa di strati di cotone. Cos'è la vita ti chiedi? 

E' anche questo, morire insieme, davanti a chi non ha mai smesso di starti accanto, finchè tutto perde i contorni, diventa liquido. Finchè il respiro graffia in gola e poi sparisce. 

Fanni Guidolin 

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