Faccio disegnare i pazienti

Si, faccio spesso disegnare i miei pazienti durante il ricovero. Fa parte della medicina narrativa che uso durante il mio counseling di supporto. Mi piacerebbe un giorno realizzare una mostra, ne sto raccogliendo davvero tanti. 

"Narra te stesso oggi, disegnandoti" dico al paziente. 

E' spunto per una conversazione, per una spiegazione di emozioni difficili da analizzare, ma anche per dare forza, focalizzando sui punti essenziali. 

"Disegna te stesso". C'è chi sceglie solo il volto e chi tutto il corpo. 

A seconda della ricchezza dei dettagli e della presenza di parti del corpo ne emerge una spiegazione davvero interessante, ricca di spunti che aiutano me, in primis, a comprendere il vissuto del paziente e cosa sta provando in quel momento. 
Il volto, la testa, sono la sede delle emozioni, del pensiero. Gli occhi vedono o non vogliono vedere, le orecchie ascoltano. Il collo è il sostegno della testa e rappresenta il controllo razionale di sè ma anche il bisogno di affetto. Tutti disegnano il collo.
Il torace contiene il cuore. Ma c'è chi non vuole sentire. Chi affida il corpo agli altri. "Curatelo voi il mio corpo". Non lo disegnano. Danno spazio al comando razionale, al pensiero critico, alla vigile attenzione. 
Molta differenza la fa la giornata post operatoria. 
Se il paziente cammina, verosimilmente disegnerà tutto il corpo. Con molta probabilità nudo. In ospedale non c'è divisa, non c'è moda. Si cura il corpo, pezzo a pezzo. Ma se la sua mente sente il pericolo e avverte l'ansia, è probabile che si limiti a disegnare la sola testa. 
Le mani comunicano e la loro presenza sul disegno è indice di attenzione ai dettagli e di lucidità. E anche se le proporzioni sono difficili da rispettare per un disegnatore neofita, la differenza la fa la grandezza dell'immagine e la sua collocazione nel foglio. 
Se dai importanza a te stesso sei sulla strada della guarigione. E' la malattia che ti chiede di fermarti, di dare uno stop alla tua frenesia. 
Qualche paziente mi guarda basito quando chiedo un disegno. Nel loro immaginario fa parte di un'azione infantile, che li riporta indietro di parecchi anni. Qualcuno prova imbarazzo. 
Quasi nessuno disegna una bocca sorridente. Non c'è nulla da ridere nella malattia. Vero. Ma l'ironia ha anche salvato molte vite. Così chiedo a qualcuno di raccontarmi un aneddoto simpatico, della loro vita, che li abbia fatti ridere. 
Un giorno un paziente mi ha consegnato il suo disegno. "Disegna te stesso" era sempre l'indicazione che avevo dato. Mi consegnò una cacca. Al centro del foglio c'era il disegno di quella cosa con i bordi ripassati. Come un emoticon dell'iphone faceva quasi sorridere, ma nascondeva tutta la drammaticità del suo percorso. "Mi sento così, quella cosa sono io" mi disse. 
Non l'ho più visto. Mi piacerebbe tanto sapere come sta. 
 

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