Quel filo sottile tra madre e figlio
Non importa se non l'hai partorito. Un figlio è un figlio.
E c'è un filo che lega ogni madre al suo bambino, sottile ma fortissimo, potente.
Mi sono sempre chiesta se il battito di due cuori possa essere sincrono. Con tuo figlio lo è. Lo è per le emozioni che anche a distanza riesci a trasmettergli, per l'accento che cogli nelle sue frasi scritte in fretta su whatsapp, per quella faccetta piuttosto che l'altra. Per le parole che ha usato nella sua ultima lettera che ti ha spedito.
Se ti metti in un luogo silenzioso e spazioso, in raccoglimento, e provi ad ascoltare le emozioni dentro di te, puoi sentire le sue.
Capita tra madri e figli che vivono distanti, tra madri e figli separati dalla malattia, tra madri e figli separati dalla giustizia.
Io l'ho provato anche ieri.
C'era un bellissimo silenzio. Qualche mosca frigolava nell'aria. Quel posto era tutto fuorchè la morte dei colori e dei movimenti. Alte fronde mosse dal vento facevano cadere piccoli piccioli simili a pistilli. Lottavo contro un desiderio improvviso e irragionevole di aprirmi un pò di più. Non c'era nessuno. A chi avrei potuto raccontare come stavo?
Un signore passava nella stradina di fronte. I passi sfumavano e si allontanavano. La strada era muta e il silenzio ormai totale. Mi misi in ascolto con la lettera nella busta, stretta tra le dita.
“Figlio mio mi senti”?.
Sentivo una rivolta nel mio cuore e lo scalpiccio ostinato della mia paura. Poi un sorriso mi accompagnò. E poi il riso si confondeva al pianto. Un istante in cui il frastuono dentro di me si faceva più forte, tutto si fermò. Sul selciato una forma scura correva, agile. Era un gatto. Si immobilizzò un attimo in mezzo alla strada, esitò, si leccò una zampa, quindi riprese la sua corsa silenziosa e sparì. Così continuai a leggere.
“Figlio mio mi senti”?.
Sentivo una rivolta nel mio cuore e lo scalpiccio ostinato della mia paura. Poi un sorriso mi accompagnò. E poi il riso si confondeva al pianto. Un istante in cui il frastuono dentro di me si faceva più forte, tutto si fermò. Sul selciato una forma scura correva, agile. Era un gatto. Si immobilizzò un attimo in mezzo alla strada, esitò, si leccò una zampa, quindi riprese la sua corsa silenziosa e sparì. Così continuai a leggere.
"Mamma ci sono molti gatti qui". Erano nitide quelle parole sulla lettera scritta a mano.
Volli alzare la testa di fronte a quella chiesetta abbandonata, sconsacrata e dimenticata da tutti ma non da Dio. E nemmeno da me. Sopra al muretto debordava l'edera in cespugli che avevano bisogno di una potata. Un certo senso di abbandono rendeva più intenso il silenzio. Il sole mi riscaldava la schiena, mi ammorbidiva, mi disfaceva. Non volevo riflettere troppo sulle cose, per non alterarne la forma. Volevo sentire. Ed è quello che accadde. Sentii.
Quel posto, tutto sonoro dalle grida del venticello, mi portava la sua voce. "Se non sei capace di soffrire non potrai essere felice a lungo", scriveva.
Adesso so che l'uomo è capace di grandi azioni. E di grandi sentimenti. Ogni giorno per mio figlio è un continuo ricominciare. E mentre in cielo correvano piccole nuvole bianche e tonde che non avevo mai visto prima d'ora, tutto intono a me mi portava un senso profondo di felicità. Era molto che non mi sentivo così.