Una casa per una scrittrice Green Lover

Tutti quelli che ad un certo punto della vita hanno trovato un loro posto, un angolo di mondo da chiamare casa sanno qual'è l'emozione che si prova nell'istante in cui lo sguardo abbraccia il paesaggio e il paesaggio entra in te. E vedi cose che nessuno vede. E senti rumori e suoni che solo tu sai. Perchè non si sceglie un luogo, lo si riconosce semplicemente come proprio. 
Molti continueranno ad amare le strade trafficate delle città, i bar affollati e quella giusta dose di stimoli e confusione che fa di noi degli esseri perfettamente metropolitani, ma la campagna ci chiama, e c'è qualcosa di nuovo nell'aria se si scomodano fior di filosofi, politologi ed economisti per spiegarcelo.
Ero affacciata sul piccolo ponticello del Muson Vecchio che in quel punto fa una piccola variazione, giusto per mostrarsi in tutta la sua bellezza da cartolina. La mia casa si vedeva da lì. Si respirava una bellissima aria di libertà. Perfino le foglie sventolavano al vento impertinente.
Gli argini di questo fiumiciattolo sono mangiati dall'esuberanza del verde che illumina. Le rive, che qui non sono mai prese d'assalto, ingentilite da fronde strabordanti, non sono così insidiose al passo. E anche se dotati di mascherina e guanti, possiamo sentire quel profumo di prati che trapassa ogni tessuto. Come se fosse un giardino aggrappato, ci si incanta ad osservarlo. A Maggio sbocciano migliaia di calle che col loro bianco crema illuminano il verde come candele, riflettendosi sull'acqua. Uno spettacolo che vorrò fotografarvi, come ho fotografato questo posto in mesi diversi.
Già ai primi pallidi soli ti verrebbe voglia di camminare a piedi nudi e stendere una tovaglia per celebrare il déjeuner sur l'eau (pranzo sull'acqua). 
Quando il fiumiciattolo si immette nel Muson Vecchio, pochi metri più in là, le sponde sono punteggiate da salici, noci e castagni, oltre che da qualche platano. La natura è un concentrato d'arte. Ma fra tutte le tentazioni dell'arcobaleno vegetale, io amo il verde nelle sue meravigliose gradazioni. Verdi che sembrano nascere da sperimentazioni genetiche estreme, con un'infinità di varianti irresistibili. Ci sono foglie che sembrano dipinte a mano, tinta unita, variegate, striate di bianco. Possono passare dal verde acido al quasi blu, senza trascurare passaggi di clorofilla. Il verde riveste la terra con la calma. Se sei fortunato puoi trovare dei fiori bianchissimi con piccole e sottili lineette verdi che donano una tal sfumatura da commuovere anche un incallito produttore di piantine di plastica. La democrazia della natura è così aperta che ti può disorientare. Da qui è partita la mia idea di giardino. Meglio l'esuberanza anarchica delle fioriture dei cottage inglesi e dei piccoli angoli all green o la linearità dei giardini alla francese e all'italiana, dove i veri protagonisti sono il disegno geometrico, la dittatura degli spazi e delle proporzioni ?
Questo e quello, e ne è uscito il bello. 
Il bello, che è per me qualsiasi cosa si scelga. Anche un nano da giardino vagheggiato da sempre per qualcuno. O, come scriveva Dostoevskij, intorno a noi. Io sono cresciuta in giardino, con le mani nella terra ed era una bellezza incredibile farlo. Ho imparato a progettare, ad aspettare, ad avere fiducia nel domani, a intravedere un poi, un domani, un non ancora... A partire dal geranio sul nostro davanzale che a settembre era già secco morto, per arrivare alla mia piccola oasi di felicità.





















































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