Tutto come prima
Non ci vedevamo da molte settimane.
Il mio ricovero era durato più del previsto e lui mi scriveva solamente qualche messaggio. Lasciarsi così, poco prima di un intervento chirurgico era come sprofondare sotto terra prima del tempo. Nemmeno della mia salute mi importava più nulla. Sarei potuta morire chi se ne fregava.
Io e Gigi stavamo insieme da otto anni. Avevamo condiviso tutto. Anche l'aria la respiravamo insieme tanto eravamo vicini l'uno all'altra.
Quando ho ricevuto la terribile diagnosi le cose tra me e lui andavano già male. Non gli dissi dell'esame istologico, non avrei voluto essere compatita nè commiserata. Non volevo le briciole del suo affetto nè elemosinare ciò che gli restava della dignità.
Mi sono accorta che mi tradiva qualche mese fa. Aveva lasciato aperta una chat, per errore, di sicuro. Certi uomini forse, sono sbadati quando perdono la testa. L'ho cercata subito sui social. Era molto avvenente. Simile a me nel taglio di capelli, nelle forme, stessi occhi, stesso stile e stesso look ma avrà avuto quindici o vent'anni di meno.
L'ho lasciato con un biglietto sul cruscotto della macchina e una unica frase: "Ti auguro il meglio, con lei". Fine.
Non si viveva insieme, non ancora, ma ne stavamo parlando e questa cosa mi faceva ancora più male.
Quel pomeriggio il campanello suonò inaspettato. Era lui. L'angoscia era un pugno che mi schiacciava forte il petto.
Si presentò con un mazzo di fiori in mano e mi miei pensieri divennero ingarbugliati. Si rifiutavano di divenire parole. I fiori non erano ricoperti di cellophan, nè di nastrini o carte colorate. Sembravano raccolti dal campo, come piace a me. Semplici, come sono io.
Mi colse impreparata ovviamente ma vederlo mi accelerò il battito cardiaco. Dapprima divenni rossa in volto, poi lo feci accomodare balbettando. Il calore che mi saliva al viso era imbarazzo sicuramente.
Non mi ero accorta subito del bigliettino giallo tra le mimose. C'era scritto: "Ti amo ancora. Perdonami". Lo trovai la sera, quando sistemai il mazzo in un vaso più grande.
Mi trovava in pessime condizioni fisiche. Con un sorriso amaro che mi piegava la bocca. Con l'intervento mi avevano confezionato una stomia e avevo perso quasi otto chili. Il mio fondoschiena non riempiva neanche i leggings più attillati che avevo. Eppure mi fissò negli occhi ed io non staccai i miei dai suoi.
Si avvicinò silenzioso, mi sembrava ancora più alto, con le spalle ancora più larghe e un viso ancora più bello. Accarezzò la mia guancia con la mano a rovescio ed io non mi spostai. Avrei voluto abbracciarlo ma resistetti. Lui leggeva il mio pensiero attraverso l'iride. Chissà se i miei occhi gli ricordavano l'altra. Chissà se stava facendo confronti. Ricacciai il dolore nel luogo da cui era uscito. Poi non mi importò più nulla e mi lasciai andare ad un pianto a dirotto, quasi liberatorio, sul suo petto. Lui allora mi strinse forte, sapeva che avevo il sacchetto, stette attento a non stringere troppo su quel lato. "Perdonami" mi sussurrò piangendo.
Avrei voluto dirgli ciò che pensavo di lui. Gliele avrei cantate per bene se non mi avesse colpito dritto al cuore con quella sorpresa. Il mio era stato un amore folle per lui. Avevo negato me stessa, la mia libertà e le mie abitudini per lui.
Poi mi staccai un pochino, tenevo lo sguardo basso, sul pavimento e, con una mano sulla pancia e una sulla schiena, cercai un posto sul divano mentre lui mi cingeva la vita.. La mia voce si fece sempre più bassa divenendo un sussulto.
E mentre la luce galleggiava...seppi dirgli solo...addio.
E mentre la luce galleggiava...seppi dirgli solo...addio.