Lui, lei e...una stomia

Loro sono due infermieri. Sono miei amici, colleghi, genitori con i quali abbiamo condiviso i figli e le loro esperienze, gli spettacoli di danza a teatro, i racconti, le confidenze. Storie che si intersecano anche se partono da punti indefinibili. 
Lo sento entrare dalla porta della sala d'attesa, conquistando il corridoio come se fosse pieno d'ossigeno. Gli occhi fissi davanti a sè con un movimeno quasi ipnotico.
E' stato operato una settimana fa, e già dimesso. 
Lui cammina lento, dritto si regge sul suo braccio, avanza verso di me, fino a stendersi fiacco sul lettino. Lei in piedi, lo accudisce come chi sa accudire un figlio, dandogli un bacio casto sulla guancia che riesce ad infiammargli il viso. E' emozione quella che gli sale. Gli colora anche gli occhi.  E' emozione quella che mi sale. Mi bagna anche le guance. Lo vedi? Nessuno è al riparo dalla bufera delle emozioni. 
Lei, di cui mi arriva prima il sorriso del resto del corpo, gli sorregge il cappotto, la sciarpa blu e lo zainetto pieno di tutto. C'è  il kit per gestire la stomia. Gli sfila le scarpe slacciando asola dopo asola, cautamente gli solleva le gambe. Noi infermiere lo sappiamo come prenderci cura di chi sta male. 
Ma esiste una cosa peggiore del dolore che stai vivendo: non poterlo raccontare a nessuno. 
Quando i medici ti parlano di una stomia, se sei un infermiere rimani appeso nel vuoto. Il disagio non ti è mai sembrato così imponente. L'hai sempre visto sugli altri quel sacchetto ignobile. Su altre vite, su altre storie. Non certo la tua. A noi non capiterà mai, ci ripetiamo.
Mentre lei si avvicina a lui passandogli le dita tra i capelli come una carezza di velluto, io li osservo. 
Com'è potente l'amore. E' come tornare bambini: ridere per niente, gioire per tutto. 
L'amore è energia, frastuono e forza. Assomiglia alla migliore delle cure. Ci rende migliori. Ti protegge in una bolla di gioia. 
Lui, lei e una stomia di mezzo. Là sul grembo, a unirli ancora di più.
La stomia si è interposta dispettosa come qualsiasi altra ferita del corpo, ma non del cuore. Non ha scalfito la forza nè la speranza, non ha abbattuto i miei amici. E, stando dall'altra parte, hanno cambiato identità. Come se fosse bastato spostarsi di pochi passi per capire il mondo in modo differente. 
Nessun infermiere vorrebbe mai vestire i panni del malato. Ma quando ti capita, cerchi di trovarci uno spazio tutto tuo dentro la malattia, accogliendo anche la rabbia, che, come la crescita, arriva a strappi. La accogli, la elabori, e te la fai passare perchè ti fa solo male. 
Istintivamente appoggio la mia mano sul suo braccio, l'altra chiusa sulla sua spalla. Lui sente la pesantezza e il calore del mio gesto.
"Grazie", mi dicono in coro, come se anche i loro pensieri corressero comuni nello stesso filo elettrico.
E' proprio quella: una terrorizzante felicità che si agita nel loro cuore.
Lorenzo l'ha superata la malattia. E anche se le dita esili aggrappate alla stoffa della giacca di Silvana sono più eloquenti di qualsiasi parola, si immagina un domani bellissimo con la leggerezza galleggiante del suo bagaglio gigante.

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