La casa

"La casa serve a metterci dentro uomini e bambini, per trattenerli in un luogo fatto per loro, per contenerli nello smarrimento e distrarli dalla loro voglia di avventura". 
Lo scriveva la Duras nel '96 quando avevo solo ventidue anni ma ero sposata da tre e non la pensavo ancora come lei.
Quante volte mi sarei aggrappata allo stipite per non cadere. Quante volte avrei voluto spiaccicare il naso su quella grande e luminosa finestra per guardare fuori, là, dove i miei occhi non vedevano, e scappare via, saltando l'enorme cancello in rame azzurrato, pregiato come una pietra preziosa.  La casa mi stava stretta, nonostante fosse una bellissima villetta con un grande giardino, pieno di rose, e di fiori, di edera e rampicanti, e di verde, tantissimo verde, in tutte le sfumature. E c'era il prato, e il cane e il gatto, c'erano i giochi dei bambini, del primo, del secondo e del terzo, che sono arrivati così presto, ad ingombrare con il loro ossigeno vitale quegli spazi così asfissianti. Solo loro riempivano la mia vita di vita.
Anche i muri erano più bianchi del bianco e i pavimenti più lucidi del lucido. Eppure era così stretta, e così grigia la mia casa. 
Ma oggi le cose sono davvero cambiate. Stravolte, ribaltate, come in una rivoluzione. 
E dopo un turno di lavoro molto pesante in ospedale, non vedevo l'ora di tornare a casa mia, che è sempre quella, è sempre la stessa, ma che oggi mi sembrava più grande, e più bella, benfatta, e più accogliente di sempre. 
Non vedevo l'ora di guardare le mie piante di rose, non dal vivo ma attraverso la grande finestra del mio studio, che oggi mi pareva magnifica, e ancora più luminosa, perchè faceva freddo, vi dico la verità,  un freddo terribile, ma la vista dalla finestra era una cartolina da immortalare. 
Poi, navigando sul web, ho trovato la foto che vedete sotto e mi sono cementata nello stupore. E' una foto di ieri, scattata in Croazia, dove c'era già il coronavirus a lasciare drammi.
Sono rimasta in silenzio. 
Dovremmo ascoltarlo il silenzio che c'è stando alla finestra, così, appoggiati sul balcone della nostra casa, noi che una casa ce l'abbiamo ancora. Dovremmo essere grati a questo sguardo sul mondo che ancora ci è concesso. Certo, è un mondo diverso, per nulla ironico nè sarcastico, ma nostro. E se abbiamo una casa, vi prego, godiamocela fino in fondo, in lungo e in largo, per ogni centimetro quadrato. Senza occhi sbiechi, bocche storte o nasi all'insù come per rovistare nelle pieghe del cielo in cerca di chissà quali colpe, ma cercando giù giù, a sguardo basso e piatto, dentro ai cassetti in cui avete riposto monili, foto o ricordi dimenticati da tempo, che poi gli occhi vi si riempiranno di gioia. Quel tesoro lo avrete trovato proprio nella vostra casa. 

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