QUELLO CHE NON VORRESTI MAI SENTIRE
Quella frase non la vorresti mai sentire.
Perchè sperare è l'ultima azione che non dovremmo abbandonare.
"Ma non c'è nulla da fare".
Troppo presto, troppo in fretta, come un temporale in pieno inverno, che non ti aspetti. Di quelli con i tuoni e i lampi e tanta acqua, davvero tanta, che non lava dagli occhi increduli quella frase.
"E' un tumore".
"Hai un tumore".
Tu, e non il tuo vicino di casa.
Tu, e non quel vecchio rimbambito che ne ha combinate di tutti i colori odiando la vita.
Tu e nessun altro che tu conosca in questo momento.
Ti muri dentro ad un silenzio che non hai mai conosciuto. Ascolti il battito di un cuore impazzito che non avevi ancora mai ascoltato. E senti pungere, ferire e dilaniare la tua anima ancora intera.
Eppure, quel libro di Thorwald Dethlefsen sulla malattia e il destino, sulla nostra responsabilità di essere artefici delle nostre disfunzioni, lo tieni ancora sulla scrivania. Ma non puoi darti una simile colpa. Brucialo. Distruggilo.
Me lo avevi prestato anni fa, quando mi raccontavi il tuo modo di vedere la vita, la decisione di prenderti cura di te e di dedicarti all'amore.
Mi hai insegnato l'equilibro.
Sei l'uomo più equilibrato che io abbia mai conosciuto. Lo abbiamo forse nel DNA quel gene pragmatico e deciso? E' il nostro comune denominatore o dobbiamo cercarlo altrove?.
Quanto mi è piaciuto ascoltarti quella volta. Un rotolo infinito di parole, senza virgole e punti per riprendere fiato, tanta era la tua voglia di dirmi tutto. Ed io, con insaziabile curiosità, incalzavo domande senza stop. Allora stavi bene. Avevi così tante passioni che mi chiedevo come facessi a stare dietro a tutto. Avevo così tante passioni che mi chiedevi come facevo a stare dietro a tutto.
Ma adesso hai un tumore.
Un tumore.
E sei tremendamente sereno. E stai ancora tremendamente dietro a tutto. E con tale serenità riempi tremendamente il vuoto di paura che noi tutti abbiamo. Tranne te.
Spaventosamente lucido e fermo nella tua pace interiore. Perchè l'hai definita così la vita. Un filo di lana sospeso nel vuoto in cui l'uomo cammina. A volte teso, a volte lasso, a volte tocca a terra e si sporca, altre volte si spezza. Un filo che ha un capo e una fine sul quale appoggiarci pesanti, con una rete sotto, senza rete, con le forbici ai piedi. Un filo di lana pregiata o di lana scadente.
Però adesso vedi di fare quell'asola, che il filo è di puro chachemire. Ne sono sicura.
Perchè sperare è l'ultima azione che non dovremmo abbandonare.
"Ma non c'è nulla da fare".
Troppo presto, troppo in fretta, come un temporale in pieno inverno, che non ti aspetti. Di quelli con i tuoni e i lampi e tanta acqua, davvero tanta, che non lava dagli occhi increduli quella frase.
"E' un tumore".
"Hai un tumore".
Tu, e non il tuo vicino di casa.
Tu, e non quel vecchio rimbambito che ne ha combinate di tutti i colori odiando la vita.
Tu e nessun altro che tu conosca in questo momento.
Ti muri dentro ad un silenzio che non hai mai conosciuto. Ascolti il battito di un cuore impazzito che non avevi ancora mai ascoltato. E senti pungere, ferire e dilaniare la tua anima ancora intera.
Eppure, quel libro di Thorwald Dethlefsen sulla malattia e il destino, sulla nostra responsabilità di essere artefici delle nostre disfunzioni, lo tieni ancora sulla scrivania. Ma non puoi darti una simile colpa. Brucialo. Distruggilo.
Me lo avevi prestato anni fa, quando mi raccontavi il tuo modo di vedere la vita, la decisione di prenderti cura di te e di dedicarti all'amore.
Mi hai insegnato l'equilibro.
Sei l'uomo più equilibrato che io abbia mai conosciuto. Lo abbiamo forse nel DNA quel gene pragmatico e deciso? E' il nostro comune denominatore o dobbiamo cercarlo altrove?.
Quanto mi è piaciuto ascoltarti quella volta. Un rotolo infinito di parole, senza virgole e punti per riprendere fiato, tanta era la tua voglia di dirmi tutto. Ed io, con insaziabile curiosità, incalzavo domande senza stop. Allora stavi bene. Avevi così tante passioni che mi chiedevo come facessi a stare dietro a tutto. Avevo così tante passioni che mi chiedevi come facevo a stare dietro a tutto.
Ma adesso hai un tumore.
Un tumore.
E sei tremendamente sereno. E stai ancora tremendamente dietro a tutto. E con tale serenità riempi tremendamente il vuoto di paura che noi tutti abbiamo. Tranne te.
Spaventosamente lucido e fermo nella tua pace interiore. Perchè l'hai definita così la vita. Un filo di lana sospeso nel vuoto in cui l'uomo cammina. A volte teso, a volte lasso, a volte tocca a terra e si sporca, altre volte si spezza. Un filo che ha un capo e una fine sul quale appoggiarci pesanti, con una rete sotto, senza rete, con le forbici ai piedi. Un filo di lana pregiata o di lana scadente.
Però adesso vedi di fare quell'asola, che il filo è di puro chachemire. Ne sono sicura.