TOCCHI TERAPEUTICI...COME LE TRAME DI UN MERLETTO DI CRINOLINA

La voce sembra essere rimasta in sala operatoria insieme al pezzo che non volevo lasciare. Era un pezzo di me, un piccolo pezzetto della mia vita. 
Ho come la vaga sensazione di essere sprofondato nelle sabbie mobili. Nere come il pantano denso. Di aver toccato il fondo, battuto la testa ed essermi risvegliato da un incubo.
Tu non puoi capire. 
Fino a ieri la mia vita scorreva dritta e aveva un senso. 

Lo guardo con aria costernata. Ha gli occhi lampeggianti e uno sguardo che elettrizza l'aria. La pupilla ancora dilatata.
Fuori c'è un vento forte. Mette alla prova le chiome degli alberi, che sotto  a questo caldo torrido si piegano verso il basso. Soffia, ruggisce, assomiglia a quella sensazione interiore di perdita irreparabile, la stessa che forse prova lui, sdraiato su quel letto.

Sono un uomo a metà.

No... Hai la vita e tanta ancora. Hai rischiato di perderla invece la malattia ha scelto una piccolissima parte di te. Non è stata avida, non l'ha rubata tutta. Te l'ha lasciata. Gli ripete più volte sua moglie.

Questa non sarà più vita.

Mi avvicino e lascio che il silenzio riempia la stanza. Sistemo la flebo, srotolo il copriletto, avvicino la sedia al suo letto. Ho mille cose da fare ma decido che quella è l'unica cosa importante. Gli  appoggio due dita sui muscoli del collo. "C'è tensione qui". Pizzico tra le dita calde la sua pelle ancora fredda. La carta argentata non lo ha ancora scaldato. Da un lieve pizzicore passo ad uno sfioramento della spalla, come per testarne l'articolazione. No, non c'è nessun intento fisioterapico nei miei gesti, si chiamano semplicemente tocchi terapeutici.
Controllo i piedi, passo le mani tra le dita, palpo le caviglie, delicatamente. Applico un gel idratante e insegno alla moglie a fare lo stesso. E' il prendersi cura, delicato come una piuma che non solletica, ma ammorbidisce, rasserena.
Ognuno ha i suoi tempi di accettazione della malattia. In certi momenti le parole possono essere inutili, banali, stereotipate. E' meglio tacere, osservare, capire e dirlo. Ti capisco. Certo. Andrà tutto bene.
Poi mi faccio in là, come per controllare il vento alla finestra. Spettatrice acquiescente. Complice. Nell'alfabeto muto dei miei passi. Ed è in quel momento inaspettato che arriva quella frase dritta sul mio petto.

"Il rischio di perdere tutto a volte, porta nuove scintille, nuova vita", sussurra la moglie rannicchiata sulla poltrona accanto.

Vorrei essere una di queste, le dico sottovoce.

Lo sei. Mi risponde con le lacrime agli occhi.
Lo sei. Mi risponde lui con le lacrime agli occhi.
Ero l'infermiera più felice al mondo. 
Con le lacrime agli occhi. Come le trame di un merletto di crinolina. 

Post più popolari