CON LA PARRUCCA CONTRO VENTO

Pedalava fortissimo, curvo sul manubrio e con il mento verso il petto, in una folla di rughe tempestose sul collo, la bocca ridotta ad un taglio dritto. Era buffo con quei pantaloni alla zuava di qualche anno fa. Ma il temporale non perdonava con quei tuoni nelle vicinanze; avevo paura anch'io, che sotto al tettuccio della mia auto sfrecciavo accanto a lui, lasciandogli una folata d'aria poco ossigenata dal tubo di scarico. 
Lui fissava la pista ciclabile e il marciapiede, per non finirci sopra e investire qualche pedone. Barcollava un po' con le spalle, per mantenere la testa ferma e il collo rigido.  Pensavo ad un eccesso di zelo. Invece no.
Era concentrato sul parrucchino. Un ciuffolotto di capelli ricciolini e biondi doveva rimanere attaccato alla testa nuda, per gravità scendere verso il basso, senza volare via col vento. 
Si, avrebbe fatto prima a toglierlo, imbustarlo e infilarlo nella tasca capiente, ma preferiva così, per chissà quanti complessi esistenziali. 
Lo immagino il giorno in cui ha vestito la testa calva. Un'onda di eccitazione lo avrà percorso tutto quanto, per finire dritto nel suo cuore e scatenare l'emozione di sentirsi di nuovo intatto.
Non si può capire quanto l'immagine corporea alterata da cause che non scegliamo possa travolgere e stravolgere. Si aspetta una chioma di capelli come si aspetta una nuova calma dentro il petto in disordine. Se poi a fartela perdere è quella che dovrebbe essere la cura della tua stessa malattia, non vedi l'ora di rimettere ordine non solo nel petto ma in tutta una vita già abbastanza vissuta ma ancora tanto da vivere. 

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