HO SCOPERTO LA TERAPIA DELLE MANI SULLA TERRA

Anche se i raggi di sole bussavano alla mia finestra, facevo fatica ad aprire gli occhi. Un'altra notte in preda all'ansia, opprimente, soffocante, maledetta.
Speravo che il languorino che sentivo in fondo allo stomaco fosse sufficiente per trasportarmi in cucina, accendere la macchinetta del caffè, attendere la spia lampeggiante arrestarsi in on, mentre fagocitavo una brioche confezionata dal gusto di plastica. Nemmeno quello.
Il cane mi leccava i piedi e più di me, sentiva l'esigenza di sollevare la zampetta su qualche cespuglio per fare la puzzolente pipì. Mi sono alzata per lui.
La schiena cigolava come se fosse arrugginita e i muscoli del collo erano duri come questo tavolo. Guardavo attraverso il buio, e quello spiffero di luce affettata dall'inferriata della finestrella, richiamava la mia attenzione. C'era erbaccia ovunque, dietro nel cortile e sul vialetto, e poi piante disordinate tra fiori di bulbose che facevano capolino tra l'edera infestante.
Ho aperto le finestre e indossato una tuta, quella più scura, grigia come il mio umore. Ho bevuto una tazzina di caffè e un dolcetto avanzato il giorno prima. Sapeva di arancia fuori stagione.
Avrei sistemato le piante, i fiori, i rami secchi, le foglie ammuffite. Avrei rinvasato le mie amate rose, strappato via le erbacce come per strappare via i brutti pensieri, le idee insolenti, i malumori ostili.
Non ho indossato i guanti. Volevo appropriarmi del contatto con il terriccio e sporcarmi di verde, di terra, di marrone e di nero; di fango appiccicoso.  Non importa se le fessure della cute delle mie dita sarebbero state segnate da impronte digitali visibili, e non importa se stando china il dolore alla schiena sarebbe aumentato. Sistemare fuori era come sistemare dentro di me. Ripulire, tagliare, ordinare.
Ho affondato tutte e due le mani sulla terra. Se ne avessi avute altre venti di dita, le avrei usate tutte.
Sono rimasta così, accucciata per ore, sotto al sole caldo. Ho levato via la gramigna, il tarassaco e il finocchio selvatico; l'edera dalle radici profonde, le lingue di vacca, i ciuffi ribelli e le piantine morte.
Mi sono sentita bene.
Ho respirato quel profumo di caffè che non avevo nemmeno percepito al mattino. L'odore di pulito della biancheria stesa al sole dal giorno prima, il gusto amaro delle erbacce sulle dita.
Ho scoperto la terapia delle mani sulla terra, ed ero felice.

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