CARI INFERMIERI L'IRLANDA NON E' L'ITALIA

Due gocce d'acqua, un sorriso improntato tra due ciuffi ribelli e tanta voglia di imparare. Piene di un coltivato talento. Con un accento metà inglese, metà bulgaro, la perfetta dialettica italiana e qualche accenno di irlandese, non puoi non rimanerne affascinato. Sono Petya e Ralista, due infermiere trentenni, laureate in Italia con il massimo dei voti e volate in Irlanda, in un conosciuto reparto chirurgico. Vengono all'Università di Padova tutti i mesi per seguire il master in "assistenza al paziente stomizzato e incontinente". Io sono la loro referente per il pavimento pelvico e dopo le lezioni teoriche in aula, effettuano tirocinio pratico con i miei pazienti da riabilitare.
Là in Irlanda il turno lavorativo è di dodici ore consecutive e a volte capitano anche sei notti di fila, mi raccontano.
L'infermiera non può effettuare prelievi ematici nè posizionare l'ago cannula. Lo fa il medico. Ma loro, che si sono formate in Italia, possono. Solo loro due lo sanno fare e quindi sono sottoposte a richieste incredibili da tutte le colleghe quando il medico non è presente.
Ogni infermiera segue sei pazienti. Dall'igiene all'alimentazione. L'oss non ha alcuna autonomia poichè l'infermiera viene in primis anche per l'assistenza di base. In più rispetto a noi, le infermiere sono tutte case manager, anche senza master.
Le gemelle sono partite con il sogno di chi spera in una valorizzazione  professionale di tipo anglosassone. Con il desiderio di acquisire conoscente di alto livello. Con l'idea di arricchire il loro curriculum. 
Tutto il contrario.
In Inghilterra la situazione sembra migliore con l'infermiere specialist o up graded, con autonomia lavorativa e libero coordinamento. In Norvegia e Svezia anche. "Ma in Irlanda sembra di essere catapultati indietro nel tempo", mi dice Petya.
Petya e Ralista si stanno specializzando sul pavimento pelvico e la stomia perchè non esiste l'enterostomista in Irlanda. O meglio, non esiste negli ospedali in cui si confezionano meno di 300 stomie.
Rappresentanti di una unica ditta di prodotti per stomia, vengono formate per fare "l'enterostomista" e insegnano, educano, spiegano e sostengono il paziente stomizzato. Meglio di niente certo. Ma questo non è giusto.
Le gemelle  hanno capito che formandosi qui possono portare valore aggiunto là, svuotandosi di conoscenze ma arricchendosi nel ruolo di formatrici e gli obiettivi si sono ribaltati. Sono diventate cervelli in fuga, trasfondendo sapere, quello della scuola italiana, ai colleghi irlandesi. 
Determinate, studiose, capaci. Appassionate. Qui da noi non sono state assunte. Nonostante i concorsi, ancora attendono. E quindi a loro, bulgare italianizzate, con gli affetti a Torino, ambasciatrici di un tricolore sbiadito, va il grande merito di portare il sapere italiano laddove non esiste.  Qui nessuno le ha ancora volute. 

Fanni Guidolin

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