ANDRA' BENE

E poi ti arriva quella telefonata.

Ho fatto il controllo oncologico stamattina. Sono passati dodici mesi dall'ultimo e cinque anni dall'intervento per cancro del retto.
Mi sono preparato come se avessi dovuto andare ad un appuntamento galante. Volevo che la dottoressa mi trovasse in forma, con un bel colorito, le guance paffute, segno di salute. Ho indossato la camicia bianca, quella con i bottoncini sul collo, della festa. Mia moglie era più preoccupata di me. Il controllo oncologico l'ha sempre destabilizzata fino alla risposta degli esami. 
Tutto bene?. Si programmava un viaggio, una cena, l'acquisto di un regalo importante. 
Cinque anni così. Di viaggi, cene e regali importanti, di serate d'amore, di rose rosse sul letto, di sesso e di galanterie. Di lettere. Si lettere. Io e mia moglie ci scambiamo ancora lettere d'amore ad ogni occasione. 
E ci ritroviamo qui, mano nella mano, con gli occhi rossi di lacrime e la pelle del volto che brucia, per tutto quel sale. Io mi appoggio a lei e lei a me. Increduli ripetiamo che ...no non può essere. Un marcatore tumorale impazzito ha fatto scoppiare i nostri cuori nel petto. Ha stravolto le nostre certezze. I nostri progetti e sogni. Non dormiremo stasera. 
Quella telefonata dall'ospedale ci ha disintegrato in due minuti. Paf. Uno tsunami in pieno giorno. Una valanga nel buio. Un salto nel vuoto.
Dal nostro cuore si è staccata una scheggia violenta. Di rabbia, di odio, per quella telefonata.
E siamo qui, a piedi nudi, seduti a bordo letto, con la testa fra le mani. E' come se fossimo attratti dal pavimento. Abbiamo paura di non riuscire a muoverci mai più, che in qualche modo nel legno sia tornata a scorrere quella linfa collosa di quando era albero, determinata a tutti i costi a lasciarci piantati qui, per sempre.
Le spalle cedono. Quelle parole così caustiche bruciano come il fuoco dentro di noi. Ci sentiamo in colpa. Come abbiamo fatto a non sentire nulla?. Nessun presagio, nessun sintomo. Una colpa che si moltiplica. Una colpa assurda. E' come se quella colpa fosse nelle fibre della coperta scozzese che ci teniamo addosso.
Siamo qui a pensare all'esame di domani.
Accertamenti.
Li chiamano così. 
"Accertamenti".
Per accertare ciò che già suppongono. Per confermare che il mostro è tornato, che non hanno scambiato le provette nè le cartelle. Per ripartire daccapo. 
Abbraccio forte il mio amore. Più forte di quanto lei abbracci me, ma solo perchè le mie braccia sono più lunghe. La bacio come non l'ho mai baciata prima. La accarezzo come se non l'avessi mai scoperta prima. Piangiamo insieme, io più forte di lei, come se le mie lacrime fossero più gonfie  e piene. E i singhiozzi sovrastano rubando lo spazio ai nostri respiri.
No, non permetterò al cancro di farsi largo tra noi amore mio. Mai.
Lo imbavaglierò, con una sciarpa piena di teschi.
Andrà bene, lo sento. Stai tranquilla. 

M. l'ho incontrato ieri in corridoio ed era stravolto. Ho voluto scrivere quanto mi ha raccontato perchè credo nella pura forza dell'amore.
Fanni Guidolin
stomaterapista

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