UNA PSICOLOGA CON LA P MAIUSCOLA
Si passa il pollice sulle labbra con l'aria da magnifica canaglia il mio paziente. Si burla di me. Mi strizza l'occhiolino e ondeggia il braccio su e giù, per richiamare la mia attenzione. E' seduto nell'ultima fila, come a scuola, quando "i casinari" di turno li trovavi sempre stipati al muro del fondale.
Io e la psicologa stiamo cercando di far accomodare tutti i presenti sulle sedie, ma continuano a parlare a voce alta in questo incandescente luogo d'incontro.
Parafrasando ancora una volta la frase che dà il titolo al mio libro, siamo anche qui in una straordinaria corsia. E' una stanza riunioni, in cui abbiamo sistemato le sedie in cerchio, per poterci guardare tutti nel volto. Un grande cerchio, fatto di una cinquantina di posti, tanti sono oggi i pazienti. Vladimir, dalla pelle color alabastro, siede nella sua sedia a rotelle accanto a me.
C'è anche Luigina, in chemioterapia da molti mesi, a rassicurarmi che ce la sta mettendo tutta. E c'è Antonio, detto Tony, il costruttore di aquiloni, con la combriccola dell'ultima fila. Tony ha intessuto una grande storia d'affetto con la sottoscritta.
Sono nate molte amicizie nel gruppo di auto aiuto e spesso, dopo l'ora di chiacchere insieme, si va tutti a bere qualcosa nel bar dell'ospedale. Quando entra un nuovo paziente, tutti gli altri sono curiosi di ascoltare la sua storia e di aiutarlo se occorre. Anche le risate possono scappare incontrollate. Sono pillole di benessere.
Alla mia destra, Simonetta, dall'animo buono come il pane, siede accanto a Pia. Sono diventate inseparabili. Il loro posto a sedere è sempre quello, a sinistra della sala. Dà sicurezza trovarsi nello stesso posto, lo stesso primo giovedì di ogni mese e nella stessa sedia. E' come costruire casa. Ti affezioni anche alla mattonella che calpesti.
Caterina, la nostra psicologa conduttrice del gruppo, dà ampio spazio al raccontarsi. Lei è una donna che ha fatto della dolcezza il suo modo di essere. Piace ai miei pazienti, ed io sono felice se loro sono felici. Lei non è un'inguaribile sognatrice come me, e non si imbarca in scelte non ponderate dettate dall'impeto del momento. La dottoressa Bertelli è una donna che capisce a fondo dove nasce il dolore, come sia radicato a volte e come sia difficile estirparlo. Non reclamizza i lamenti. Li fa a brandelli, aiutando i miei pazienti ad uscire dalla prigione della malattia.
Caterina, ma io la chiamo Cate perchè per me è anche una grande amica, non detta regole nella conduzione del gruppo. Si limita ad aiutare i pazienti a riciclare un sentimento perduto, a non indietreggiare, a riappropriarsi della vita. A cogliere le reminiscenze di una gioventù non troppo lontana, riecheggiando i tempi in cui si pensava al futuro e non al giorno dopo.
E quando Rita, con quel perenne paio di occhiali neri, anche al buio, accennerà ad un sorriso mai visto prima, Caterina sarà capace di commuoversi, i miei zoccoli rossi scalpiteranno gioiosi sul pavimento e fisseremo lo sguardo implacabile di tutti gli altri, con i sorrisi che ammorbidiranno le linee di tutte le labbra. Perchè noi la psicologa ce l'abbiamo con la P maiuscola.
Io e la psicologa stiamo cercando di far accomodare tutti i presenti sulle sedie, ma continuano a parlare a voce alta in questo incandescente luogo d'incontro.
Parafrasando ancora una volta la frase che dà il titolo al mio libro, siamo anche qui in una straordinaria corsia. E' una stanza riunioni, in cui abbiamo sistemato le sedie in cerchio, per poterci guardare tutti nel volto. Un grande cerchio, fatto di una cinquantina di posti, tanti sono oggi i pazienti. Vladimir, dalla pelle color alabastro, siede nella sua sedia a rotelle accanto a me.
C'è anche Luigina, in chemioterapia da molti mesi, a rassicurarmi che ce la sta mettendo tutta. E c'è Antonio, detto Tony, il costruttore di aquiloni, con la combriccola dell'ultima fila. Tony ha intessuto una grande storia d'affetto con la sottoscritta.
Sono nate molte amicizie nel gruppo di auto aiuto e spesso, dopo l'ora di chiacchere insieme, si va tutti a bere qualcosa nel bar dell'ospedale. Quando entra un nuovo paziente, tutti gli altri sono curiosi di ascoltare la sua storia e di aiutarlo se occorre. Anche le risate possono scappare incontrollate. Sono pillole di benessere.
Alla mia destra, Simonetta, dall'animo buono come il pane, siede accanto a Pia. Sono diventate inseparabili. Il loro posto a sedere è sempre quello, a sinistra della sala. Dà sicurezza trovarsi nello stesso posto, lo stesso primo giovedì di ogni mese e nella stessa sedia. E' come costruire casa. Ti affezioni anche alla mattonella che calpesti.
Caterina, la nostra psicologa conduttrice del gruppo, dà ampio spazio al raccontarsi. Lei è una donna che ha fatto della dolcezza il suo modo di essere. Piace ai miei pazienti, ed io sono felice se loro sono felici. Lei non è un'inguaribile sognatrice come me, e non si imbarca in scelte non ponderate dettate dall'impeto del momento. La dottoressa Bertelli è una donna che capisce a fondo dove nasce il dolore, come sia radicato a volte e come sia difficile estirparlo. Non reclamizza i lamenti. Li fa a brandelli, aiutando i miei pazienti ad uscire dalla prigione della malattia.
Caterina, ma io la chiamo Cate perchè per me è anche una grande amica, non detta regole nella conduzione del gruppo. Si limita ad aiutare i pazienti a riciclare un sentimento perduto, a non indietreggiare, a riappropriarsi della vita. A cogliere le reminiscenze di una gioventù non troppo lontana, riecheggiando i tempi in cui si pensava al futuro e non al giorno dopo.
E quando Rita, con quel perenne paio di occhiali neri, anche al buio, accennerà ad un sorriso mai visto prima, Caterina sarà capace di commuoversi, i miei zoccoli rossi scalpiteranno gioiosi sul pavimento e fisseremo lo sguardo implacabile di tutti gli altri, con i sorrisi che ammorbidiranno le linee di tutte le labbra. Perchè noi la psicologa ce l'abbiamo con la P maiuscola.