IL SACCHETTO MAMMA, TE LO METTO IO

Rita me lo ha raccontato giovedì, al gruppo di auto aiuto, e non potevo non scriverlo 

Ha solo tre anni il frugoletto dai capelli color miele. Si Chiama Giampietro ma io lo chiamo Giampi.
"Se lo abbiamo chiamato Giampietro perchè lo devi ribatezzare ogni volta?", si incavola mio marito. Ma io faccio spallucce e mi fingo sorda.
Oggi Giampi giocherella con la trousse del "necessaire" per la mia stomia con l'entusiasmo dell'esploratore impavido. Maneggia forbicette dalle punte arrotondate, la pietra di onice gialla che conservo come portafortuna, si destreggia tra sacchettini monopezzo e sacchettini con le placche, placche convesse, placche piane, telini coprisacca  ma, ad attirare la sua attenzione, sono il tubetto di pasta collosa che sembra dentifricio e gli anelli di pongo da modellare. Si applicano intorno alla stomia, per impedire infiltrazioni e proteggere la cute. 
Infilando la testa dentro alla trousse, mio figlio scopre sul fondo le salviettine umidificate uguali alle sue mi dice, si, quelle che uso durante il viaggio, per pulirgli il culetto se fa la cacca. Il suo sorriso si allarga. Le estrae e tenta di aprirle. "Sanno di vernice e di sapone mamma", esclama. Lo fisso con sguardo vacuo.
Giampietro conosce tutto di me, fino alle cuciture più nascoste dei vestiti che indosso. Conosce le mie cicatrici, le tocca passandoci una manina, ha visto le braccia fasciate da tremende flebiti, mi ha accarezzato la testa senza capelli. Conosce il gusto salato delle mie lacrime scese su un viso sempre sorridente, perchè quelle sono solo lunghe gocce di pioggia. Conosce la puzza di cacca quando mi cambio il sacchetto. 
Giampi non conosce la mia tristezza, quella no. Mamma  è felice, anche con il cancro. Mamma è felice anche con il sacchetto. Mamma sorride sempre. Mamma riporta in carreggiata i brutti pensieri quando prendono la direzione sbagliata. 
Giampi tira fuori tutto sulla scrivania che troneggia sulla parete e mette rigorosamente in ordine ogni oggetto. In fila indiana, scrupolosamente, dopo aver steso una tela cerata sul tavolo. E' come una fastosa apparecchiatura sulla tovaglia immacolata.
Ha imparato ogni gesto perchè io non gli ho mai nascosto di avere una stomia intestinale. "Anche la mamma fa la cacca", gli spiego. Lui arriccia il naso mentre mi stacco il sacchetto dall'addome ma sostiene il sacchetto della spazzatura come gli ho insegnato per buttare dentro quello sporco. E' un bravo assistente e voglio fargli capire che la vita è anche questo. Perchè nascondere?. Non l'ho mica scelta io la mia stomia. Voglio che impari che nei terreni accidentati e serpeggianti, in due è meglio. Che le fragilità non sempre tolgono il respiro. E che aiutarsi può essere anche divertente. 
Quando gli chiedo di passarmi le salviettine umidificate e quelle bagnate d'acqua, si diverte a tirarne fuori  una dopo l'altra dalla confezione, ininterrottamente, sventolandole in aria per spargerne il profumo. Poi gli chiedo la carta assorbente e capisce subito che deve passarmi il rotolone. A tre anni conosce già più di millecinquecento vocaboli e sa scrivere la A in riga. 
Lo faccio divertire con il ritaglio della placca. "Giampi dobbiamo ottenere un foro così, vedi come fa la mamma?".  Lui, attento, mi copia subito dopo e, a parte qualche errore millimetrico, indovina esattamente. Mi colpisce la sua attenzione. Poi, gli insegno ad utilizzare la pasta collosa e a metterne un po' sulla placca. Lui si imbratta anche la punta del naso, ma pazienza, si sta divertendo. Procede secondo manuale,  rimuovendo l'adesivo con quelle dita piccole e ciompe che sembrano mini wurstel e me lo attacca sulla stomia, perfettamente. Si sente fiero del gesto e gli stampo un bacio in fronte arruffandogli tutti i capelli. 
E come se non bastasse, dopo sistema tutto, riponendo ogni cosa dentro alla trousse, in ordine, e nel mobiletto, come un rito che si ripete ogni giorno, perchè si sa, la stomia è così, una parte di noi, di me e di Giampi, della nostra vita, delle nostre giornate. E ci ruba solo cinque, dieci minuti al giorno. Non per martellarmi nelle tempie la mia condizione di malata , ma per ricordarmi che grazie a lei sono sana e salva.
Scritto da Fanni Guidolin



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