IO, INFERMIERA COACH PER UN GIORNO

Un fremito elettrico mi percorreva a intermittenza lungo la schiena per tutto il percorso.
Mi sono davvero divertita con i partecipanti alla camminata contro il cancro Domenica  30 aprile 2017.
Dopo giorni convulsi di cattivo tempo e nuvoloni grigi, il cielo azzurrissimo è stato il preludio di una giornata indimenticabile.
Duecento persone hanno seguito i consigli di Pelvicstom, amletico titolo che significa Pavimento Pelvico e Stomia. E' il mio blog, che parla di storie di straordinaria corsia (Il libro sta per uscire nelle librerie !!).
Sono stata la loro "coach". Un ruolo non insolito per una infermiera. Puoi chiamarlo anche "educazione terapeutica", "assistenza" all'attività fisica adattata, "presa in carico della persona" per i i loro sorrisi. Io sono stata con i pazienti ed ho cercato di regalare una mezza giornata di gioia.
Il cancro non ci ferma! E' stato il nostro motto, in un tempo che sembrava dilatato.
Ho perso mio padre due anni fa per un cancro che se l'è succhiato via in sei mesi. Da allora, il mio impegno come infermiera specializzata nella riabilitazione dei pazienti stomizzati e incontinenti, già assiduo e importante, si è fatto preponderante nella mia vita. Ragione d'essere. E' come se avessi sempre tra le mani un gomitolo nero, incastonato in un ordito di spessa lana grigia, da sbrogliare.
Le idee, come farfalle, svolazzano nella mia testa la sera, quando appoggio stanca la testa sul cuscino. Le scrivo, così hanno più forza espressiva, ed ho il piacere di alleggerirmi.
Le invio all'associazione stomizzati dove il gruppo direttivo e il presidente approvano sempre all'unanimità il grafismo dei miei progetti , e torno ad abbracciare il cuscino. C'è un'idea salvifica nell'arte di pensare!.
La mia vita si sdoppia ogni giorno tra il lavoro in ospedale con circa quattrocento pazienti e la vita domestica familiare, con tre figli, una casa, un giardino in cui coltivo rose da collezione (per divagare un po') e un compagno splendido. E poi inceppo nei problemi di una mamma e dell'essere  donna con le rughe che avanzano, nelle cene da preparare, nei panni da lavare o nella batteria dell'auto da cambiare.
L'idea di una passeggiata per i miei pazienti e tutti i loro amici mi è venuta dopo ore trascorse lungo il Muson dei Sassi, fiume che scorre vicino a casa mia, che mi trascina in meditazione e rilassamento quotidiani. Un toccasana anche per chi attraversa momenti difficili come la chemioterapia o altre cure.
Un giorno, guardando l'acqua scorrere, mi sono accorta purtroppo, che alcune buste di plastica erano impigliate in un ceppo di rami rinsecchiti. L'acqua li toccava, li spingeva, ma passava oltre, raggirava l'ostacolo, non si fermava. Da lì l'idea che il cancro non ci deve fermare e che solo la battaglia continua e tenace può cambiare la vita. In tutti i sensi. La natura si sporca di abominevoli ingiustizie ma l'uomo può sempre fare qualcosa per migliorare le cose.


Ed eccoci pronti a riscaldare le giunture di ginocchia, gomiti, polsi e caviglie lungo il percorso degli Ezzelini, il viale battuto e cosparso di raggi di sole caldo, che ha visto i miei pazienti in fila, a sollevare le braccia a tempo. "Su, giù, su, su, giù, su...." guai sbagliare! 


Volevo dare energia, ritmo, positività. Il megafono è stato un gioco complice del divertimento.
"Sacco pieno, sacco vuoto, sacco mezzo, e via...", giochi e altro ancora, fino al prato di San Piero. Là, tutti distribuiti in un grande cerchio, ci siamo presi per mano, come se fossimo stati tutti amici. Perchè in realtà lo eravamo davvero tutti amici. 
Retroversione del bacino anche in coppia, e giù a ridere a crepapelle. 

Antonio faceva volare gli aquiloni. In questo prato verdissimo sembrava di stare in un mondo delle favole. 
Non ridete!. Nella foto sotto sto solo retrovergendo il bacino. Fondamentale movimento per il pavimento pelvico.


Ci sono emozioni che non si possono descrivere. Sono quelle di una straordinaria corsia, fuori dell'ambito ospedaliero, in cui ti spogli del camice, dei guanti in lattice e del fonendoscopio ma rimani sempre un'infermiera che mai dimentica il bene di chi ne ha bisogno.







Il tiro alla fune è stata un'idea di Luciano, stomizzato da vent'anni. Ma quella di fa concorrere le donne contro  gli uomini è stata un'idea di Roberto. 
Brillantissima idea per declamare la potenza infinita dell'essere femminile. Hanno vinto le donne!


Ogni palloncino rappresentava la speranza. Quella di guarigione per chi nel cielo, lo ha lasciato volare. 


Il pranzo è stato il momento di convivialità più unico che raro. I proprietari della villa Caprera hanno dimostrato la massima sensibilità con un menù costruito ad hoc per i pazienti. Se il vice sindaco di Castello di Godego Barbara Gardiman non ci avesse aiutato ad organizzare tutto, probabilmente il pranzo non ci sarebbe stato.
La disposizione in tavole rotonde ha contribuito alla socializzazione, altro obiettivo della nostra associazione stomizzati.


Parlare (urlare) al megafono mi ha costretto a letto con una laringite nei due giorni successivi! Un prezzo non troppo caro quando cantare fa tornare bambini spensierati! 


Non poteva mancare la nostra psicologa Caterina Bertelli, in compagnia del marito e collega Levis che ci ha aiutato con i palloncini al campo di San Piero.


Caterina gestisce e sostiene i pazienti stomizzati nei gruppi di auto aiuto ogni mese. 
Agli incontri dà sempre ampio spazio al dialogo, facilita l'interazione dei nuovi arrivati con le vecchie e consolidate presenze, conforta e fa sentire ognuno portatore di valori inestimabili. 

Fanni Guidolin 

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