IL CANCRO SPIEGATO AI BAMBINI IN UNA METAFORA
Lo chiama "granchio" la mia paziente stomizzata il suo cancro aggressivo. Forse perchè un pò la parola ci assomiglia. E' un adenocarcinoma del colon e Francesca non lo ha mai nascosto ai suoi due figli di sei e otto anni. Ha comperato un libretto a colori, di quelli con le pagine cartonate, che parla di granchi, polipetti e pescatori ed ha trasformato in metafora della cura della sua malattia la cattura degli animaletti del mare. Solo i granchi però. Quei paguri velenosi che trovi alle Hawaii.
Perchè Franci sogna di inseguire le maree tra gli svolazzi dei gabbiani in un imperativo categorico "non mollare".
Claudia lo chiama "Drago" il suo cancro al seno e ai suoi due figli racconta la sua battaglia contro questo mostro gigantesco. Ma "Be positive" (sii positiva!) è diventato il suo motto e dà carica a tutte le donne che come lei, hanno due vite da gestire. Quella contro il mostro e quella con i figli, un marito, una casa, un lavoro. Quel motto se l'è tatuato sul braccio, per non dimenticarlo mai.
Sono "Lucciole" le cellule di cancro. Lucciole senza luce. Lucciole buie, che non pulsano più, che girano senza meta, senza obiettivi, senza orientamento e finiscono in trappola in un mondo oscuro e cavernoso. Me lo racconta Luca, che combatte contro il cancro del retto, da mesi. E lo spiega così a suo figlio. "Riaccenderemo quelle luci", rassicura. "E le vedremo di nuovo vagare su prati inciuffettati d'erbetta verdissima, lampeggianti d'amore, in una serata psichedelica".
Monica è in corto circuito di immagini. Preferisce spiegare a Cesare, di quasi due anni, la malattia così com'è. Prende un libro di anatomia del papà medico, le pagine giuste, i pennarelli e un foglio bianco. Lo disegna il suo cancro al seno e poi prende la forbice e taglia un pezzo di foglio, come fa il chirurgo. Lui la fissa attento, curioso. Sospira Monica ma guarda avanti, con il sorriso stampato, sempre.
"Mamma perchè stai male?" . Non si può non cercare una metafora. Perchè è una "zecca insidiosa" il cancro al seno, spiega Monica. Che ti succhia il sangue e va estirpata come la gramigna nell'orto, con tutte le radici.
Maurizio vede il cancro come una stanza incasinata dove tutto è a soqquadro.
"immagina di dover mettere a posto la tua cameretta dove nessun cassetto è in ordine. Tutto è sparpagliato per terra. Ci sono giocattoli rotti e quadri a penzoloni. Ti possono servire pochi minuti o molte ore, o giorni" . La lotta contro il cancro è un impegno pesante ma poi dipingeremo quella stanza con tinte vivacissime. "Papà la mia cameretta sarà sempre in ordine, così non mi ammalerò mai".
Ci lascia basiti Sofia.
Franca, che ha subito il cancro dell'utero, lo chiama "polipo" il suo tumore quando lo spiega ai nipotini. Giorgia e Nico la guardano con gli occhi sgranati. E' un polipo con i tentacoli lunghissimi e delle ventose che imprigionano. Un polipo con due occhi neri, grossi, e tanto inchiostro appiccicoso, che ti si attacca addosso come la colla. "Bisogna staccarlo, scioglierlo nell'acido, tagliargli la testa" dice Nico, dieci anni appena compiuti. Proprio così, si chiama chirurgia questo piano di azione!.
Ma c'è anche il cancro "serpente", quello del colon, che Franca ha conosciuto un anno dopo il primo. Un serpente velenoso e costrittore, da catturare e mettere in gabbia. No, non li vuole uccidere gli animali, Franca li vuole solo acciuffare, rinchiudere in un acquario o in un rettilario, dietro una teca di vetro trasparentissimo per poterli studiare. Invita così i bambini, a non avere paura di nulla ("non avere paura" è diventato il suo motto) e a studiare anche le cose brutte, che spaventano.
Infine c'è Mario, che paragona il suo cancro del retto ad un bruco di gelso e lo spiega così ai nipoti di quattro e sette anni che lo guardano meravigliati. Hanno il viso così sano e paffuttello che sembrano scesi da un quadro di Botero. "Mangia tutte le foglie più belle e gli dobbiamo spruzzare il veleno o catturarlo vivo e poi bruciarlo insieme a tutte le foglie rovinate (come nella radioterapia)", dice il nonno.
Ha lo sguardo imperscrutabile Michelino dopo aver visto le immagini del bruco Iphantria cunea. Saretta invece continua a sfogliare il libro:
"Si nonno, uccidiamolo subito".
Perchè Franci sogna di inseguire le maree tra gli svolazzi dei gabbiani in un imperativo categorico "non mollare".
Claudia lo chiama "Drago" il suo cancro al seno e ai suoi due figli racconta la sua battaglia contro questo mostro gigantesco. Ma "Be positive" (sii positiva!) è diventato il suo motto e dà carica a tutte le donne che come lei, hanno due vite da gestire. Quella contro il mostro e quella con i figli, un marito, una casa, un lavoro. Quel motto se l'è tatuato sul braccio, per non dimenticarlo mai.
Sono "Lucciole" le cellule di cancro. Lucciole senza luce. Lucciole buie, che non pulsano più, che girano senza meta, senza obiettivi, senza orientamento e finiscono in trappola in un mondo oscuro e cavernoso. Me lo racconta Luca, che combatte contro il cancro del retto, da mesi. E lo spiega così a suo figlio. "Riaccenderemo quelle luci", rassicura. "E le vedremo di nuovo vagare su prati inciuffettati d'erbetta verdissima, lampeggianti d'amore, in una serata psichedelica".
Monica è in corto circuito di immagini. Preferisce spiegare a Cesare, di quasi due anni, la malattia così com'è. Prende un libro di anatomia del papà medico, le pagine giuste, i pennarelli e un foglio bianco. Lo disegna il suo cancro al seno e poi prende la forbice e taglia un pezzo di foglio, come fa il chirurgo. Lui la fissa attento, curioso. Sospira Monica ma guarda avanti, con il sorriso stampato, sempre.
"Mamma perchè stai male?" . Non si può non cercare una metafora. Perchè è una "zecca insidiosa" il cancro al seno, spiega Monica. Che ti succhia il sangue e va estirpata come la gramigna nell'orto, con tutte le radici.
Maurizio vede il cancro come una stanza incasinata dove tutto è a soqquadro.
"immagina di dover mettere a posto la tua cameretta dove nessun cassetto è in ordine. Tutto è sparpagliato per terra. Ci sono giocattoli rotti e quadri a penzoloni. Ti possono servire pochi minuti o molte ore, o giorni" . La lotta contro il cancro è un impegno pesante ma poi dipingeremo quella stanza con tinte vivacissime. "Papà la mia cameretta sarà sempre in ordine, così non mi ammalerò mai".
Ci lascia basiti Sofia.
Franca, che ha subito il cancro dell'utero, lo chiama "polipo" il suo tumore quando lo spiega ai nipotini. Giorgia e Nico la guardano con gli occhi sgranati. E' un polipo con i tentacoli lunghissimi e delle ventose che imprigionano. Un polipo con due occhi neri, grossi, e tanto inchiostro appiccicoso, che ti si attacca addosso come la colla. "Bisogna staccarlo, scioglierlo nell'acido, tagliargli la testa" dice Nico, dieci anni appena compiuti. Proprio così, si chiama chirurgia questo piano di azione!.
Ma c'è anche il cancro "serpente", quello del colon, che Franca ha conosciuto un anno dopo il primo. Un serpente velenoso e costrittore, da catturare e mettere in gabbia. No, non li vuole uccidere gli animali, Franca li vuole solo acciuffare, rinchiudere in un acquario o in un rettilario, dietro una teca di vetro trasparentissimo per poterli studiare. Invita così i bambini, a non avere paura di nulla ("non avere paura" è diventato il suo motto) e a studiare anche le cose brutte, che spaventano.
Infine c'è Mario, che paragona il suo cancro del retto ad un bruco di gelso e lo spiega così ai nipoti di quattro e sette anni che lo guardano meravigliati. Hanno il viso così sano e paffuttello che sembrano scesi da un quadro di Botero. "Mangia tutte le foglie più belle e gli dobbiamo spruzzare il veleno o catturarlo vivo e poi bruciarlo insieme a tutte le foglie rovinate (come nella radioterapia)", dice il nonno.
Ha lo sguardo imperscrutabile Michelino dopo aver visto le immagini del bruco Iphantria cunea. Saretta invece continua a sfogliare il libro:
"Si nonno, uccidiamolo subito".