SAPORE DI MENTA
Disarmante.
La sua bellezza è davvero disarmante. Se non fosse per quelle occhiaie che gli scavano il volto sofferto dalla malattia, gli occhi, diamanti dal colore del ghiaccio che quasi fanno un tutt'uno con i riccioli di capelli imbiancati, arrivano dritti e colpiscono come una freccia le mie emozioni, legandole.
Si presenta con la compagna sorridente che rigira una ciocca lucente di capelli intorno ad un dito. Lei è una vera esplosione di energia ed ha tanta voglia di aiutare lui, il mio paziente impaurito, che parla sottovoce, come se non avesse fiato, lasciando a lei le frasi più articolate e appoggiando il braccio sulle sue spalle, quasi per cercarne lui la protezione. Timido, dal suo volto chiaro non esce nessun sorriso ma un sottile e fresco profumo di menta. Quella che mi ricorda prepotentemente la mia infanzia, e la mia casa natale, dove mamma ne coltivava una corsia intera lungo il muro di cinta. Il mio paziente sta masticando una caramella al pino mentolato e si scusa per questo. La nausea gli passa solo in questo modo stritolando e sminuzzando con i denti stretti quella pallina verde.
Non riesce a stare seduto. Il dolore è ancora acuto e lancinante e il tumore sembra ancora vivo e lì, proprio lì, a bussare sotto, a disturbare la quiete, dopo un massacro.
Lo faccio accomodare sul lettino. L'odore di menta si fa meno intenso ma mi dà una grande sensazione di benessere. Mi ricorda quando, al centro termale, umidificatori sparsi nelle stanze del relax lasciavano evaporare oli essenziali al pino pumilio. Ci sembrava di galleggiare nel buio stesi là, ad occhi chiusi.
Gli sollevo la maglietta dall'addome. Ha la pelle morbida come il tessuto dei petali di rosa, levigata, una cicatrice sottilmente delineata. La sua compagna si allontana, dietro al paravento. E' il momento del cambio del sacchetto e il pudore si fa imperante ma lei mi osserva. E' bella. No, non una bellezza classica e scontata. La sua è una bellezza che traspare da ogni centimetro del suo portamento, quello di una donna di carattere, di una tipa estroversa e appassionata, di tutto, della vita, di lui. Lo capisco da come lo guarda, seppur da lontano, per rispetto del suo intimo problema.
Veste un elegante tailleur nero e indossa un orologio rosso vermiglio, come la montatura degli occhiali, e la pietra nell'anello, e le perle nelle scarpe. Il vermiglio è un rosso che assomiglia ad una passione acuta, un pezzo d'acciaio incandescente che si può refrigerare nell'acqua, diceva Kandiskij. E la vedo così questa splendida donna, dolce metà di un uomo piegato che non ha smesso di emanare vibrazioni sentimentali.
Vivere una malattia, anche quando non è la tua, è come intraprendere un viaggio verso una nuova destinazione. Non sai se ti troverai bene, se sarai ben accolto e se riuscirai a dormire su un materasso diverso dal tuo, che anche se l'hai preso usato, resta pur sempre il Tuo materasso affezionato. La malattia è un viaggio non misurabile che ti farà conoscere tante persone. Ricche di aspettative, curiose ma allo stesso tempo preoccupate. Fiduciose nella buona riuscita e diverse. Siamo tutti diversi, con i nostri miti e i partners da abbinare a quei miti. La malattia è un'opportunità che ti regala un mondo nuovo, si, anche al sapore di menta, quella che ti rammenta che i ricordi fanno parte dell'esistenza. E che l'esistenza umana è piena di formidabili sorprese.