C'E' UN'OMBRA SOSPETTA

La tavola imbandita invitava chiunque di noi a sedersi per spiluccare qualche antipasto prima del risotto. Non erano solo i quadretti optical della tovaglia ad attirare il nostro sguardo. Le mani si allungavano su micro tramezzini a triplo strato, cipolline e olive taggiasche.
Mamma mescolava le pentole in cucina in un tintinnante corredo di stoviglie. "La vuoi un'oliva?", le chiese mia sorella. "No, prendo un gamberetto in sala rosa, grazie", rispose.
Il gamberetto prese la via sbagliata e mia madre cominciò a tossire per liberarsene. Stava soffocando. Non bastarono i pugni sulla schiena nè le manovre di Heimlich per farglielo sputare. Mamma stava diventando blu. L'aiutò suo marito, con una mossa rapida. Gelido fu il grumo di paura che ci pervase.
I giorni seguenti furono caratterizzati da una tosse stizzosa e inarrestabile. Fino allo sfinimento. Lei era convinta di avere una polmonite da ab ingestis.
La portammo al pronto soccorso un pomeriggio in cui non trovava respiro. La voce era così bassa che sembrava un sussurro. Spalancava gli occhi sentendo la gola stretta. La sottoposero a raggi al torace urgenti: sospetto nodulo polmonare.
Sospetto nodulo polmonare? . Gelo nelle vene.
Ma come era possibile? Noi eravamo in pronto soccorso per un cavolo di gamberetto guizzato in trachea e i medici ci avevano appena detto che nostra madre aveva un'ombra sospetta che poteva essere un cancro e non uno stupido pezzo di pesce sulla via sbagliata???
Serviva una TAC e il mondo ci cadde addosso. L'ombra sospetta in un polmone oscurò anche i nostri volti. Chiamalo nodulo, ombra, massa, chiamalo cancro. Una Tac viene spesso richiesta per escludere che si tratti proprio di quello, alla quale seguono biopsie, altre indagini, ansie.
La reazione fu immediata. Panico e paura. L'angoscia era un pugno che ci schiacciava il petto.
Per rivivere la malattia che ci fece perdere nostro padre un anno fa, io e mia sorella non saremmo mai state pronte. Ci siamo guardate incredule abbracciandoci mentre un sorriso amaro ci piegò le labbra. Nostra madre è un'operatrice sanitaria e sapeva perfettamente cosa stava succedendo. Le sue mani correvano sulla stoffa della giacca come se non trovassero un luogo in cui fermarsi.
Per due giorni e due notti ci siamo rigirate nel letto, con la luce dell'abat jour sempre accesa, guardandola galleggiare nel buio. Pensieri ingarbugliati, si stavano stagliando rumorosamente. Molti aspettano settimane per una risposta che può cambiare la vita. Io mi chiedevo quando si potesse acquietare il tremore delle dita che reggevano quel foglio in mano: "ombra sospetta". Ombra-sospetta. Due parole hanno il potere di farti catapultare in uno stato confusionario.
Attendemmo due giorni per una risposta e la paura, antica, autentica, se ne andò.
Polmonite. Polmonite da ab ingestis. Nessun cancro. Nostra mamma non sarebbe morta. Quel maledetto gamberettto era riuscito a mettere a soqquadro una vita. Quel maledetto sospetto era riuscito a mettere sottosopra le nostre vite. Ricacciammo il dolore da dove era venuto e un sorriso scaturì da una lacrima. Di gioia stavolta.
Ma moltissimi non vivono la nostra fortuna.
Per molte persone l'ombra sospetta diventa certezza dopo venti lunghissimi giorni di attesa. La vita diventa un rimescolio, senza costrutto. Come in una palude, i vapori untuosi, di una tremenda malattia, offuscano ciò che di bello si può presentare agli occhi. L'unica vertiginosa certezza è quella risposta. C'è un cancro. E ti chiedi perchè diavolo non esista il modo di non soffrire così tanto nell'attesa di una risposta che non arriva mai. Perchè che siano due giorni o venti di attesa, penserai di non avere il tempo per decidere, di essere messo alle strette, di non avere scampo, penserai che stai perdendo tempo, e vita. Non sarebbe meglio una piccola bugia?

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