ANCHE LE SERRE HANNO UN'ANIMA CHE CURA IL MALE

In inverno, alberi e cespugli hanno il fascino austero dell'attesa. Ma può accadere, in un mattino nebbioso, di ritrovarsi in una serra infreddoliti e di venire riscaldati dallo spettacolo che cattura gli occhi. Là, la vegetazione segue un altro tempo, quasi magico.
E' girata di spalle la mia paziente. Il corpo sinuoso, ora largo e sottile, ora stretto e arcuato, la pelle lattiginosa. Ci siamo date appuntamento qua, perchè sono convinta che sia una terapia per lei, varcare la soglia in questo mondo verde. Nell'umido tepore di una esuberante vegetazione, sta osservando la collezione di orchidee disposte casualmente sui bancali di legno. Alcune sono sospese in aria, nel vuoto. Altre sono striminzite, aggrappate ad un'apposita rete, con le foglie scarne e deboli, talora ingiallite. Ma la natura è un organismo che sa curare da solo le sue ferite e la serra è il luogo della positività e dello stupore. E' stanca la mia paziente. La chemioterapia le toglie tutte le forze eppure qui non si lamenta. Regna un disordine naturale, come in una giungla, è un giardino ad un'altra latitudine, dove il freddo è bandito. "Guarda questa Fanni !". Richiama la mia attenzione sulla Renanthera Matutina (foto), uno splendido esemplare giallo puntinato di arancione. Spunta dal suolo, sotto al bancale, in una pallida fioritura invernale la Cattleya Portia Coerulea.
Lo spazio per muoversi è poco ed abbiamo paura di urtare una delle tante rarità. Osservo la mia paziente e gli effetti che quest'anima verde ha su di lei. 
E' complice  al mio sguardo sull'arte della coltivazione di piante rare il suo. 
Saranno queste alchimie della cultura botanica a potenziarne gli effetti benefici.  Vedo mutare il suo volto a poco a poco. Laggiù, gli zoccoli scalpitanti del coltivatore, passeggiano sul tufo che conduce nell'altra serra, quella dei bulbi che si lasciano guardare dal sole dividendo il poco spazio nel vaso con radici volenterose. E' la vita, miracolo naturale, sfida continua, come la malattia e chi la vive. E' il rapporto continuo tra il coltivatore e la pianta, la metafora dell'uomo con il suo corpo e la medicina che lo cura. 
In un angolo, una Clivia indistruttibile richiama la nostra attenzione. Emana un effluvio di dolce silenziosa armonia, calde vibrazioni. Ha il sapore un pò retrò e siamo abituate a vederla nei vecchi cortili, negli androni, negli antichi giardini. Quando sboccerà, il colore arancio dominante, spiccherà sul verde lucido delle foglie. La mia paziente accarezza le lunghe foglie. Sembra pensare a ciò che sarà in primavera, quando anche lei terminerà la chemioterapia. Decide di acquistarne una, e di prendersene cura. Facile e fedele la Clivia accompagnerà la sua primavera, fino alla fine delle cure, quando l'una sboccerà e l'altra guarirà. 
Così, investita di questo potere guaritore, la Clivia troverà posto sotto al suo porticato bordato di mughetti dal profumo inconfondibile, in una casa dai balconi azzurri e finestre bianco latte. Per riallacciare le fila dei pensieri agitati dai sogni notturni con quell'arancione che è vita.

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