Vi spiego perchè gli uomini FANNO gli esercizi per il pavimento pelvico

Ringrazio il mio paziente per avermi consentito di raccontare la sua storia

E' imbarazzato Luciano. Entra in ambulatorio con le mani che toccano le parti basse, quasi a nascondere il pannolone che è costretto ad indossare per questa brutta incontinenza. Mi lancia un'occhiata di sbieco.
Capita.
Dopo un intervento alla prostata, anche se le probabilità sono poche, capita.
Ed è così che mi si avvicina mogio mogio, avvilito, con quel giubbetto catarifrangente alle dieci del mattino.
Mi spiega della sua vita lavorativa prima della pensione, un agente di commercio a contatto con il mondo e con il sedile della sua auto. Una berlina da capogiro. Del resto era un bravissimo agente, afferma, e la società sapeva ripagare bene i suoi dipendenti. Anche con una vettura di lusso, dagli interni in radica e i sedili in pelle bianca. Vera.
Mi racconta delle sue donne.
Dopo la separazione, aveva potuto provare l'ebbrezza di sentirsi ringiovanito, con una donna molto più giovane e avvenente, e bellissima, sottolinea. Il fugace tempo di bere una tazzina di caffè e la storia era già finita, sostituita da una materna abbondanza. Quella di una donna vissuta, con troppi figli a carico. Ricorda solo i suoi capelli raccolti in una crocchia disordinata. E' finita anche con lei.
Poi c'è stata Anisca, una russa conosciuta ad un evento d'auto d'epoca. Si strusciava sull'auto rossa e ne rimase folgorato. Ogni tanto la sente ancora. Di lei ricorda una buffa parrucca indossata per l'occasione di una loro uscita e la paura che potesse prendere fuoco ogni volta che si accendeva una sigaretta. Ma le piaceva così "infiammabile".
Mi racconta, tamburellando distrattamente con le dita sulla scrivania, della sua passione per l'arrampicata e le escursioni in montagna. Zaino, torcia e panini col salame. Questi sono i ricordi più belli dell'ultima estate trascorsa con figli e nipotini, tutti sul monte, a raggiungere il rifugio. "E' ottima la camminata in montagna per il pavimento pelvico", aggiungo. 
Gli chiedo di spogliarsi e lo sottopongo ad alcuni test di valutazione della sua incontinenza. Lui inarca le sopracciglia e mi rivolge un sorriso sghembo.
Una sommaria valutazione posturale mi consente di confermare la bontà della sua fisicità. Tonico e forte, ma troppo. Troppo rigido a livello delle spalle e del collo, troppo bloccato il suo diaframma. Un tipo di quelli che rischiano di far scoppiare i bottoni della camicia con un colpo di tosse. Ipertonico anche a livello dei glutei, due polpacci come il marmo, ipervigile, controllore di sè e della vita. Troppo. E partiamo da qua. Presupponendo che anche il suo pavimento pelvico sia bloccato. E ne ho la conferma dopo la visita.
Ricapitolando: sblocchi diaframmatici e respirazione. La mia mano sul torace, l'altra sull'addome, per insegnargliela bene questa respirazione. Imparare a respirare sembra la più grossa sciocca banalità che uno possa sentire, eppure non è così.
Piano, respira questa nuova vita.
Si commuove. Capita a molti uomini, quando sono denudati della loro virilità e racchiusi nelle fasce di un'infanzia che sembra tornare come un fantasma però.  
Devono ritornare a credere in se stessi ma anche a riflettere sul senso di questo cancro alla prostata. Sullo "stop" che questo mostro chiede alla loro vita "in corsa".
Devono essere pazienti ed impegnarsi con gli esercizi, che i risultati arriveranno, non giorno dopo giorno, ma ora dopo ora, esattamente quando usciranno da questo ambulatorio, senza indugi. Perchè saranno uomini spogliati delle loro forze mascoline e messi a nudo davanti alla fragilità che non volevano conoscere. Per alcuni, essa è parte solo di un mondo femminile.
Allora, arriveranno a casa propria con un'altra convinzione. Quella di non essere invincibili nè immuni dalle debolezze e si impegneranno a dismisura in proporzione a quanto riusciranno ad ammetterlo.

Questi uomini ce la faranno. Eccome se ce la faranno.


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