Dalla finestra

Tratta da una storia vera. Grazie Michela e Paolo, per avermi consentito di scriverla.
Storia di un amore bellissimo.

Di lei conoscevo ogni mossa. Il suo balcone dirimpetto al mio, era rivolto a nord. Il sole colpiva la mia finestra impedendo a lei di vedermi, io invece la vedevo benissimo, all'ombra del palazzo. La sua finestra era oggetto dei miei sguardi curiosi.
Al mattino, mi recavo a lavoro alle otto. Lei lasciava l'appartamento alle otto e mezza, probabilmente iniziava alle nove. Quella mezz'ora era diventata per me un appuntamento fisso. Quasi un'ossessione. Non so che lavoro facesse, rapiva il mio sguardo vestita sempre in un tailleur nero o grigio, raramente blu. Forse lavorava in un ufficio, una banca, o uno studio notarile. Forse faceva l'hostess di terra, raccoglieva sempre i capelli in uno chignon, come le hostess di Linate. Teneva la forcina tra i denti e le labbra socchiuse mentre inforcava le mollettine guardandosi allo specchio. Magnifica. O forse era semplicemente una cassiera in divisa.
La tenda in garza, sventolava ad ogni folata di vento, lasciando intravvedere tratti di una gamba, una mano, la schiena. A volte riuscivo a vedere parte del volto ma mai interamente.
Erano sei mesi che la vedevo tutti i giorni lavorativi. La disordinata scrivania del mio studio era rivolta verso l'ampio finestrone. Potevo alzare la testa o solo lo sguardo e fissare la sua finestra, cercarla, curiosare mentre lei si cambiava. Senza il sole ed il riverbero dei suoi raggi, dovevo stare attento, avrebbe potuto accorgersi di me.
Un lunedì il cielo sembrava stesse per piangere. Nuvoloni grigi si mettevano di traverso ad ogni raggio di sole. Lei avrebbe potuto scoprire il mio segreto. Quel lunedì le persiane della sua finestra erano abbassate. No, non del tutto. Potevo vedere il suo corpo dalla vita in giù, sinuoso e sottile. Arrotolava i pantaloni in vita, abbassandoli sotto l'ombelico. Si sedeva nel letto, appoggiava le mani sull'addome, due mani delicate, come sul grembo, come se...
Gli oggetti presero a tremolare nell'oscurità e a perdere i contorni, diventando liquidi. Era la mia agitazione. Le gambe erano piombo. Sentivo l'improvviso bisogno di vedere la mia faccia.
No, non poteva essere incinta. Non avevo mai visto un uomo con lei. Ma un giorno è fatto di altre ventitre ore e mezza, e chissà quale fosse la sua vita fuori da quella stanza.
Provai un'amara gelosia. Reale, palpabile. Le mie mani sudavano freddo. Il mio capo mi chiese se stavo male, ero impallidito.
Da settimane mi balenava l'idea di volerla conoscere. Ma ora il mio sogno era infranto. Impacchettato nella convinzione che ci fosse un altro.
All'improvviso, lei spostò le mani affusolate e sollevò delicata la maglietta. Non sembrava la pancia di una gravida. Era piatta.
Mi feci coraggio. Quella mattina scesi nello stesso istante in cui lei chiuse la porta di casa. Volevo conoscerla. Dirle che mi ero innamorato di lei. Che erano sei mesi che la osservavo alla finestra.
E se si fosse arrabbiata ? Come avrebbe potuto accettare "un guardone"? E possibile che non se ne fosse mai accorta? Mille domande mi farneticavano in testa. Le sarei piaciuto?
Mi feci coraggio e mi avvicinai impacciato. L'aria si tinteggiò di luce.
"Tu.. tu sei il ragazzo della finestra di fronte alla mia vero?"
Impalato, non sapevo cosa rispondere. Annuii. Dentro di me ero felice, mi aveva notato, ma nello stesso tempo mi sentìvo un idiota ed ero pronto a ricevere qualche insulto.
Le baciai la mano, come un uomo d'altri tempi. Lei arrossì stringendosi sulle spalle come se provasse un brivido lungo la schiena..
"Ho un appuntamento con il suo capo per un colloquio di lavoro. Spero mi prendano". Mi disse freddandomi. Si allontano' fissando i miei occhi, girata. Il suo sorriso parlava di noi. Era già amore.
Michela è stata assunta nella mia ditta e non ci siamo più lasciati. Neanche quando la malattia l'ha colpita duramente. Il cancro si è impossessato del suo utero, delle sue ovaie e di parte del suo intestino. E' stomizzata da due anni ma la malattia sembra arrestata. Oggi le bacio ancora la mano, e quando lei appoggia la testa sulla mia spalla, la stringo forte e intreccio le dita alle sue, come mi è sempre piaciuto fare. Sognandola alla finestra, di ogni giorno della mia vita.
Fanni Guidolin 


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