Aspettare

Come un tintinnante corredo di stoviglie, sventola il polso ricco di braccialetti rumorosi per salutarmi. Cammina scalciando e mi viene incontro. È la mia paziente felice.
Un leggero rossore alle guance paffutelle, sua caratteristica, mi trasmette salute ed energia. 
Ha finito con i cicli di radio e chemioterapia e la sua stomia potrà essere chiusa.
È incredibile come i pazienti con un sacchettino temporaneo sull'addome, vivano settimane o mesi, in funzione del giorno che prima o poi verrà. Quello in cui torneranno sotto ai ferri per sistemare l'anatomia del loro corpo dissestato. Quello in cui quel maledetto sacchetto resterà solo un ricordo.
Sono trascorsi otto mesi dal primo intervento e Rita non è più uscita di casa da allora. Si è chiusa in una scatola, forellandola di tanto in tanto per lasciar passare uno spiraglio di luce. Veloci boccate d'aria nel giardino trascurato, una fuga al panificio il sabato mattina, qualche minuto sul terrazzo per sbattere contro il vento le lenzuola. 
Ha rinunciato a truccarsi e alle cene dai suoi. A vestirsi bene, a darsi lo smalto, a curare i suoi fiori. Ha rinunciato agli amici e a fare l'amore con Giovanni, suo marito. Nemmeno la spesa, al supermercato, è stata una necessità. C'è stato sempre chi l'ha fatta per lei.
"La stomia è temporanea", le avevano detto i chirurghi, "Cerchi di riposare e fermarsi un attimo, che nella sua vita ha lavorato tanto. Lei, donna e mamma instancabile, una pausa di vita se l'e' presa aspettando. 
Dovevano essere due mesi che poi sono diventati tre. Ne sono quindi passati quattro e poi cinque. "Non c'è spazio per l'intervento..., le liste sono lunghe..., il chirurgo non c'è...". Le hanno detto così, la verità. E sono trascorsi otto mesi.

Oggi Rita si muove a scatti. E' diventato il suo modo, per paura che quel sacchetto si stacchi. Deve entrare dal chirurgo, per la visita pre operatoria.
Stringe le mani nelle mani, le fa scivolare lungo i fianchi, come per asciugarle, trattiene il fiato. E' agitata visibilmente.
Entro con lei. Devo spiegare al chirurgo quello che Rita non ha forse capito. Vorrei che glielo dicesse anche lui che una volta chiusa la stomia le cose non saranno più come prima. Ci sono situazioni che vanno ponderate, e spesso tenere la stomia è meglio che toglierla. Certo non per tutti, ma Rita non ne vuole sapere.

Vedo Rita aggrottare la fronte. Un muscolo le trema sulla mascella. Solo ora si rende conto di essere nervosa.
Il medico parla piano ed è sensibile a eventuali reazioni di Rita.
Lei si ritira cupa come un riccio.
In quante scatole avrebbe potuto infilare la sua vita adesso ?
Poi è il turno della rabbia e del dolore. Sono sulla sua pelle, tra i capelli. Le viene voglia di tirarsela via con le unghie quella sensazione.
Apre le mani sulle ginocchia. Le dita esili aggrappate alla stoffa sono più eloquenti di qualsiasi parola o sguardo. Lei di parole non ne ha più.
"Non lo voglio questo sacchettino dottore".

Siamo uscite insieme dallo studio. Non c'era alcuna terrorizzante felicità ad agitarsi nel cuore. Rita teneva la testa inclinata di lato, guardandomi con le labbra tirate. Deglutiva, scuoteva la testa.
L'intervento lo avrebbe fatto a tutti i costi.


Oggi Rita combatte ancora con gli effetti di un intestino che non è più quello di prima. Spesso mi chiede se è possibile rifare la stomia. Dice che stava meglio quando aveva il sacchetto.




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