E' un tocco terapeutico

Si liscia i capelli con la mano aperta, spostandone un po' dietro l'orecchio. E' tenero il suo gesto, umile. Allenta, con mano tremante, l'elastico della maschera dell'ossigeno che le segna il volto. Allunga un po' il collo all'indietro, quasi come se avesse fame d'aria, mi guarda con gli occhi sbarrati. Ha paura. Una tremenda paura.
L'aria in questa stanza si potrebbe tagliare con un coltello. E' pesante stare qui, una sofferenza. La mia paziente è terminale, ma lei vuole vivere ancora, eccome se lo vuole. 
Non riesce a parlare. Trasalisce. Le parlo io, vorrei soffiarle aria leggera tra i pensieri pesanti, le spiego chi sono, mi siedo accanto. Fingo. Indosso una maschera. Mento. Ci sarà un domani e ci saranno ancora molti soli da vedere. Un sacco di stelle ancora brilleranno per lei. Accenno ad un sorriso forzato. E' plastico il mio volto, innaturale e solido. Devo. 
Poi, all'improvviso, lei allunga la mano sulla mia, la afferra, non ha una forte presa e scivola tra le dita. Cerca conforto stropicciando le lenzuola, cerca una carezza aprendo le cinque dita, cerca la vita che sta fuggendo via. 
Armeggio nervosamente con l'altra mano, toccando il bottone del mio camice. Lascio vagare lo sguardo. A tratti guardo verso il cielo azzurro della finestra. Il riverbero del sole è accecante. Poi abbasso gli occhi e li rialzo solo per fissare le flebo gocciolanti, lente e ininterrotte. 
Mi alzo in piedi. Controllo le sue gambe scivolando con le mani dalle cosce alle caviglie. E' una carezza delicata che amorevolmente cura e rilassa. Tocco i suoi piedi, separo le dita, stendo un velo di crema idratante. Avvolgo il suo collo con le mie mani, come per scaldarlo, sentire ancora il battito del cuore. Aumento il flusso dell'ossigeno, sistemo i suoi capelli sul cuscino, stiro le pieghe della federa con le mani. E poi le riprendo la mano, come un tocco terapeutico la sfioro, incrociamo i nostri pollici in silenzio e li stringiamo a dismisura, con un sorriso stampato, ma ve l'assicuro, non era confezionato. Quello era vero. Ed è stato l'ultimo.



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