Avanti un altro

(Tratto da una storia vera. Grazie Francesca) 

Siede a schiena dritta nella sala d'attesa, nascosta dalla colonna e da un grande ficus Benjamino che riceve i raggi di un sole flebile.
La penombra ammanta ogni cosa e sembra accarezzare e custodire l'ansia e la preoccupazione di quella donna dai capelli rossi, lucidi, e dalla pelle di cera. E' la mia migliore amica.
Tiene le mani giunte tra le ginocchia strette e le spalle curve. La mandibola è serrata mentre giocherella ansiosa mordendosi la lingua e l'interno della guancia. Diventano così, le espressioni, cariche di significato e di paura. Appoggio la mia mano sulla sua.
"Avanti il numero 42". Il radiologo chiama la signora accanto a lei, è il suo turno. Si alza di scatto e quasi inciampa nel manico della borsa che ha appoggiato a terra. Tra qualche istante la sua vita potrebbe cambiare definitivamente e lei sarà la prima a saperlo. Come per la mia amica del resto.
Se non si fosse spalmata una crema idratante su quel seno, non si sarebbe mai accorta del nodulino sospetto. "Senti che pallina qua sotto. Si proprio qua, vicino al capezzolo".
E così, Francesca è finita qui, per una mammografia di accertamento.
Un refolo d'aria, dal corridoio, le crea un brivido lungo la schiena mentre inghiottisce a bocca aperta i profumi penetranti degli antisettici e dei disinfettanti. Li adora. Da quando è infermiera, tutto ciò che odora di alcol ed etere la inebria. Ma, insieme ai brividi, una paura tremenda si fa strada e non è facile districarsi.
"Avanti il numero 43". E'il turno della signora dell'ultima poltroncina, accanto al tavolino colmo di riviste sparpagliate. Ci sono donne seminude in copertina ed è tutt'altro che un surrogato di consolazione. La signora ha le labbra arricciate in un piccolo broncio e un'espressione afflitta. E' la seconda volta che il medico la chiama in ambulatorio. Essere positivi in questi casi, è un'attività molto potente.
E tocca alla mia amica.
Rotolano minuti che sembrano ore. Non esce più.
Mi alzo irrequieta, cammino in lungo e in largo, tengo il cellulare in mano. Mi soffio il naso. Odo qualche singhiozzo, ma forse mi sbaglio.
Esce.
Ha gli occhi rossi e due occhiaie violacee. Le palpebre sono gonfie di lacrime e corre da me abbracciandomi.
"Ho il cancro".
Come una doccia gelata nella mia testa avviene un black out. E corrono i miei pensieri. Rapidi e inafferrabili, più dei suoi. Vedo Francesca senza capelli e Francesca che vomita e poi chinata a terra piangente. Francesca che respira piano e poi gonfiarsi in volto, piena di cortisone. Corre la mia mente, corre troppo. E scoppio. Piango con lei, abbracciandola come se fosse una sorella. E mi dico pazza e scema a seguire quei pensieri. E' la paura di perderla.
Com'è ingrata la vita. Un attimo prima sei una giovane donna che salva l'anima e il cuore dei pazienti e un attimo dopo sei tu paziente, demolita nella tua integrità, vittima del male del secolo, puntino di sabbia nel deserto arido.
"Aspetta.." le dico. "Dovrai fare la biopsia, poi si vedrà Franci. Una cosa alla volta! Magari è benigno!".
Ma se c'è una cosa che un'infermiera sa prima degli altri, è come andranno le cose. E già ti vedi con il braccialetto identificativo al polso, mentre le tue colleghe di mettono l'ago al braccio e la maschera do protossido al volto, in quella sala operatoria dove tutti ti conoscono.
Ti toglieranno un seno. E sarai solo l'ennesima.
Avanti un altro. E' la vita purtroppo.


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