Troppo tardi
Dedicato a Flavia, scomparsa una settimana fa
Entra timida dalla porta dell'ambulatorio troppo luminoso per i suoi occhi chiari. Indietreggia stropicciandoli sotto ai grandi occhiali dalla montatura in madreperla e sorride con la testa piegata da una parte. Un velo di gloss rosso lacca tinge le sue labbra sottili, quasi inesistenti.
Si regge al braccio del suo compagno, che poi ho saputo essere suo marito da quasi sessant'anni. Un uomo tutto d'un pezzo, curvo su se stesso, ma affascinante in un cappotto color tortora. Lui, galante gentiluomo, fa segno alla sua donna di avanzare il passo, per prima. "Prima lei madame", le sussurra piano. Una squisita educazione gli suggerisce di aiutarla a sfilare il cappotto. Lei, con stile e leggiadria, avvicina il mento alla spalla mostrandomi il suo profilo e strizzandomi un occhio. Poi ancora, dopo le presentazioni, lui le lancia un'occhiata indulgente e la fa accomodare alla sedia di fronte alla mia scrivania rimanendo in piedi dietro di lei. Sembra dritto sull'attenti, freddo e troppo rigido, in stridente contrasto con la graziosa e docile compagna.
"Si accomodi pure", sottolineo. Ma lui sembra voler rimanere in piedi e lei, scrolla le spalle senza farsi troppo notare.
La signora tiene la folta chioma raccolta in uno chignon. Ha la scriminatura nel mezzo e i capelli sono neri come la pece, lucidi. Il cappottino, in lana cotta rosso amaranto, parla di una donna di buon gusto e molta classe.
Il colloquio verte sulla problematica principale che è la sua incontinenza. Tuttavia tale problema sembra preoccupare terribilmente il marito e lei per nulla. Infatti, in un istante, lui le ruba la scena, solleva la mano gentile e chiude quella di lei sulla sua. "Parlo io", dice con fiera sicurezza.
Racconta della loro vita domestica e intima. Molto intima. Entra nei dettagli, sconfina oltre i limiti, a tratti dimentica il rispetto per colei che gli sta accanto. E poi accuse, colpe e dito puntato. Ma dov'è finito il galante gentiluomo dal cappotto color tortora?.
E' incredibile come la mia paziente mantenga il controllo e con maestria e intelligenza faccia scivolare a terra ogni frase che la colpisce. Quelle pesanti, con abilità, le sa schivare facendole galleggiare nell'aria.
Ogni parola del marito le rimbalza dentro per poi uscire subito. Lei ascolta ma non replica.
I suoi pensieri, lo noto dal suo sguardo, si dispiegano ora ampi e lineari ma non prendono forma in questa stanza. Improvvisamente, dalla finestra aperta, entra un soffio freddo che le fa volteggiare un ciuffetto di capelli sulla fronte. Le solletica il volto e con la morbidezza di un gesto elegante, lo porta dietro l'orecchio. Lui lo nota e si avvicina a lei rapidamente, prende una forcina e sistema il ciuffetto sullo chignon. Lei sta per scoppiare. Questa sudditanza deve finire. Così, a bruciapelo e con una fitta di sofferenza, lei si lascia travolgere da un tono lacrimoso e da un nodo che quasi la soffoca in gola, ma le parole trovano la strada da sole. Lui si acciglia e finisce nella nuvola di polvere delle contro accuse mai ostentate e mai esagerate. Ora sputate per la prima volta.
Il tono di lei si fa prepotente, deciso. Finalmente, penso tra me, ha trovato la forza di essere se stessa.
Peccato che l'esistenza raramente trovi il coraggio di emergere ed uguagliarsi allo scorrere delle giornate.
E peccato che solo nell'oscurità, le parole pesino il doppio. Ora, che Flavia non c'è più.
Entra timida dalla porta dell'ambulatorio troppo luminoso per i suoi occhi chiari. Indietreggia stropicciandoli sotto ai grandi occhiali dalla montatura in madreperla e sorride con la testa piegata da una parte. Un velo di gloss rosso lacca tinge le sue labbra sottili, quasi inesistenti.
Si regge al braccio del suo compagno, che poi ho saputo essere suo marito da quasi sessant'anni. Un uomo tutto d'un pezzo, curvo su se stesso, ma affascinante in un cappotto color tortora. Lui, galante gentiluomo, fa segno alla sua donna di avanzare il passo, per prima. "Prima lei madame", le sussurra piano. Una squisita educazione gli suggerisce di aiutarla a sfilare il cappotto. Lei, con stile e leggiadria, avvicina il mento alla spalla mostrandomi il suo profilo e strizzandomi un occhio. Poi ancora, dopo le presentazioni, lui le lancia un'occhiata indulgente e la fa accomodare alla sedia di fronte alla mia scrivania rimanendo in piedi dietro di lei. Sembra dritto sull'attenti, freddo e troppo rigido, in stridente contrasto con la graziosa e docile compagna.
"Si accomodi pure", sottolineo. Ma lui sembra voler rimanere in piedi e lei, scrolla le spalle senza farsi troppo notare.
La signora tiene la folta chioma raccolta in uno chignon. Ha la scriminatura nel mezzo e i capelli sono neri come la pece, lucidi. Il cappottino, in lana cotta rosso amaranto, parla di una donna di buon gusto e molta classe.
Il colloquio verte sulla problematica principale che è la sua incontinenza. Tuttavia tale problema sembra preoccupare terribilmente il marito e lei per nulla. Infatti, in un istante, lui le ruba la scena, solleva la mano gentile e chiude quella di lei sulla sua. "Parlo io", dice con fiera sicurezza.
Racconta della loro vita domestica e intima. Molto intima. Entra nei dettagli, sconfina oltre i limiti, a tratti dimentica il rispetto per colei che gli sta accanto. E poi accuse, colpe e dito puntato. Ma dov'è finito il galante gentiluomo dal cappotto color tortora?.
E' incredibile come la mia paziente mantenga il controllo e con maestria e intelligenza faccia scivolare a terra ogni frase che la colpisce. Quelle pesanti, con abilità, le sa schivare facendole galleggiare nell'aria.
Ogni parola del marito le rimbalza dentro per poi uscire subito. Lei ascolta ma non replica.
I suoi pensieri, lo noto dal suo sguardo, si dispiegano ora ampi e lineari ma non prendono forma in questa stanza. Improvvisamente, dalla finestra aperta, entra un soffio freddo che le fa volteggiare un ciuffetto di capelli sulla fronte. Le solletica il volto e con la morbidezza di un gesto elegante, lo porta dietro l'orecchio. Lui lo nota e si avvicina a lei rapidamente, prende una forcina e sistema il ciuffetto sullo chignon. Lei sta per scoppiare. Questa sudditanza deve finire. Così, a bruciapelo e con una fitta di sofferenza, lei si lascia travolgere da un tono lacrimoso e da un nodo che quasi la soffoca in gola, ma le parole trovano la strada da sole. Lui si acciglia e finisce nella nuvola di polvere delle contro accuse mai ostentate e mai esagerate. Ora sputate per la prima volta.
Il tono di lei si fa prepotente, deciso. Finalmente, penso tra me, ha trovato la forza di essere se stessa.
Peccato che l'esistenza raramente trovi il coraggio di emergere ed uguagliarsi allo scorrere delle giornate.
E peccato che solo nell'oscurità, le parole pesino il doppio. Ora, che Flavia non c'è più.