Ti rimbocco le coperte

"La cosa più bella che ti possa capitare da malata, oltre alla notizia che guarirai dal tuo male, è qualcuno che ti rimbocchi  le coperte".

Si muove lenta la mia paziente, dolorante in quel letto da troppe settimane, dinnanzi ai miei sguardi rapiti dalla scena. Una schiera di figli, al suo capezzale si contende , con servilismo, un sorriso della madre.  Lei, che li ha cresciuti con amore e devozione, raccoglie ora i frutti della sua educazione.
E' seduta con il busto inclinato in avanti e la testa tra le mani Roberta. E' la più giovane, e la più sofferente. Ma oggi, l'atmosfera in questa stanza sembra quasi incontaminata dalla tragica realtà.
Roberta ha capito benissimo che la mamma non vivrà a lungo e non lascia un istante la sua mano. E'  soffice e fragile la mano della mia paziente, gonfia, con qualche ematoma e un ago che vacilla. Non ha più vene.

La mano aperta, acerba e liscia, di Roberta, copre le sue dita fredde, amorevolmente, con una bontà bambinesca. 
Luca, il maggiore, prende la coperta dall'armadio e la pone sul letto.
E' una coperta di lana infeltrita ma che scalda quel corpo malato e le dona attenzioni dimenticate. Sembra di un'abituale intensità il suo gesto.
Quando sei madre sei abituata a dare. A dare oggi e sempre, e a ricevere solo un domani, quando i figli grandi, capiscono ciò che sei stata per loro. 
Marta, la seconda di cinque, sistema il lenzuolo piegando un lembo ordinato fin sul collo della mamma. Scivola il suo dito sul decoltè martoriato dalle bolle e dalla dermatite. E' allergica anche ai cerotti la mia paziente. Non bastava il cancro. Di lei si beffeggiano anche i mille effetti collaterali.
Tommaso e Alberto sono in un angolo della stanza, verso la finestra. Voltano le spalle alla madre facendo finta di essere presi da una conversazione del tutto e niente. Hanno il volto rigato di lacrime. Le pagliuzze verdi degli occhi nocciola di Alberto, sono ancora più evidenti da lucide. Nessuno dei due figli esce dalla stanza e nessuno dei due mostra il viso alla madre. Bisognerebbe essere un mondo a sè per non venire rapiti dal bellissimo legame che unisce questa famiglia.
E c'è anche lui, il marito. E' fuori, in corridoio. Si soffia il naso più volte mentre gli occhi galleggiano sfuggenti. Poi, entra nella stanza coraggioso e si avvicina alla moglie indossando una maschera felice per non deragliare. Prende la coperta e insieme il lenzuolo, e sistema il tutto con precisione maniacale. E' una dolce carezza quel rimbocco.
"Non siamo nient'altro che botti vuote in cui si sciacqua la storia del mondo", mi dice affranto ma rassegnato. 
Mai lo avevo sentito così pessimista. 
"Si guardi intorno signore. Avete insegnato ai vostri figli tutto della loro vita. Ma loro vi stanno insegnando che cosa conta", ribatto. 
E mentre mi avvicino alla paziente per sistemare l'ultimo angolo del lenzuolo che, incastrato sotto al braccio, potrebbe darle fastidio, lei mi guarda dritta negli occhi dicendomi: "La cosa più bella che ti possa capitare da malata, oltre alla notizia che guarirai dal tuo male, è qualcuno che ti rimbocchi  le coperte. E' un gesto d'amore.  Perchè amare è come piantare un ulivo, coprire di paglia la terra e il tronco, ripararlo dal freddo. E sognare un giorno di vederci arrampicare tuo figlio".





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