L'apparenza inganna
Si avvicina con passo elegante al tavolo. Lunga e scalciante la gamba, si muove fluida nello spazio. Pochi sono i metri che deve percorrere ma esibisce una grazia inconsueta. Pura femminilità. Un tintinnio di bracciali dorati richiamano occhi indiscreti, fissati come chiodi al muro. Attira.
È così graziosa che anche la più lieve concessione alla civetteria nel vestire indica il desiderio di farsi guardare.
Indossa dei pantaloni a palazzo, vita alta, ampi, svolazzano senza peso. La camicetta, con casta accollatura, è incastrata in vita, secondo la moda imperante. Un ciuffetto ribelle di capelli, le scende sul volto sorridente. Appena ambrate le guance ringiovaniscono un viso non più adolescente.
Porta i capelli corti, spazzolati a istrice. No, non sta affatto male. Il taglio aggressivo contrasta con la francese dolcezza del look. Parigine sono anche le scarpe. In pelle doc.
La mia attenzione per i particolari non è dettata da insana gelosia o perfida invidia. Io cerco di estrapolare segni distintivi del carattere da ogni dettaglio e dalla postura. È diventato per me un gioco ormai, una sfida, per poter poi dare forma ai miei geometrici personaggi e ai loro impetuosi sentimenti e per poter dar vita a qualche racconto realistico che alla fine è vero vero.
Ma ella sopraggiunge al tavolo di fronte al mio con il vassoio in mano e la noto dapprima di lato e poi di spalle. E cambia la prospettiva.
È strano come tutto cambi a seconda della foto che scatti. Il personaggio prende vita dall'angolazione in cui lo osservi, e nello stesso angolo lo puoi nascondere. Dipende dallo spessore che gli dai, dal lato che ti mostra.
Puoi rubare un attimo fuggente o mettere in posa il tuo protagonista e cogliere la staticità di un sorriso.
La guardo da qui adesso.
La bocca appare pesante e molto pronunciata inferiormente. Il volto è affilato, angoloso e da dietro, le spalle sono allargate, adombrano i lineamenti. Ma ciò che più mi colpisce è una tremenda scoliosi che le crea un gibbo pronunciato e anti estetico.
Trasalisco.
Nonostante braccia plasticamente flessuose, si siede rigida sulla sedia bassa. Il mento aguzzo sporge in avanti e la figura gentile lascia lo spazio a quella di una donna vetusta dall'aria aristocratica e dal portamento fiero e nobile, solo se là si guarda da davanti. Diversamente, da dietro appare una comune sciattona. "Shalla" direbbero gli adolescenti di oggi. Ha addirittura una piazzatura da cuscino sulla nuca. Unico punto in cui la capigliatura si appiattisce.
I glutei inguainati non lasciano scorgere forme sinuose. La lusingata estatica ammirazione che suscitava ora è pallida, sbiadita dai segni del tempo, della presunta inattività fisica, e da un insignificante fisicità.
La postura sulla sedia evidenzia una profonda insicurezza e la timidezza si cela dietro ad un tovagliolo portato sulle labbra. Dolcemente, per non turbare, lentamente, per non distrarre, sensibilmente, per nascondere le insidie del suo animo più intimo.
È così graziosa che anche la più lieve concessione alla civetteria nel vestire indica il desiderio di farsi guardare.
Indossa dei pantaloni a palazzo, vita alta, ampi, svolazzano senza peso. La camicetta, con casta accollatura, è incastrata in vita, secondo la moda imperante. Un ciuffetto ribelle di capelli, le scende sul volto sorridente. Appena ambrate le guance ringiovaniscono un viso non più adolescente.
Porta i capelli corti, spazzolati a istrice. No, non sta affatto male. Il taglio aggressivo contrasta con la francese dolcezza del look. Parigine sono anche le scarpe. In pelle doc.
La mia attenzione per i particolari non è dettata da insana gelosia o perfida invidia. Io cerco di estrapolare segni distintivi del carattere da ogni dettaglio e dalla postura. È diventato per me un gioco ormai, una sfida, per poter poi dare forma ai miei geometrici personaggi e ai loro impetuosi sentimenti e per poter dar vita a qualche racconto realistico che alla fine è vero vero.
Ma ella sopraggiunge al tavolo di fronte al mio con il vassoio in mano e la noto dapprima di lato e poi di spalle. E cambia la prospettiva.
È strano come tutto cambi a seconda della foto che scatti. Il personaggio prende vita dall'angolazione in cui lo osservi, e nello stesso angolo lo puoi nascondere. Dipende dallo spessore che gli dai, dal lato che ti mostra.
Puoi rubare un attimo fuggente o mettere in posa il tuo protagonista e cogliere la staticità di un sorriso.
La guardo da qui adesso.
La bocca appare pesante e molto pronunciata inferiormente. Il volto è affilato, angoloso e da dietro, le spalle sono allargate, adombrano i lineamenti. Ma ciò che più mi colpisce è una tremenda scoliosi che le crea un gibbo pronunciato e anti estetico.
Trasalisco.
Nonostante braccia plasticamente flessuose, si siede rigida sulla sedia bassa. Il mento aguzzo sporge in avanti e la figura gentile lascia lo spazio a quella di una donna vetusta dall'aria aristocratica e dal portamento fiero e nobile, solo se là si guarda da davanti. Diversamente, da dietro appare una comune sciattona. "Shalla" direbbero gli adolescenti di oggi. Ha addirittura una piazzatura da cuscino sulla nuca. Unico punto in cui la capigliatura si appiattisce.
I glutei inguainati non lasciano scorgere forme sinuose. La lusingata estatica ammirazione che suscitava ora è pallida, sbiadita dai segni del tempo, della presunta inattività fisica, e da un insignificante fisicità.
La postura sulla sedia evidenzia una profonda insicurezza e la timidezza si cela dietro ad un tovagliolo portato sulle labbra. Dolcemente, per non turbare, lentamente, per non distrarre, sensibilmente, per nascondere le insidie del suo animo più intimo.