Non mi lasciare
Ti avvicini a testa bassa mentre un'onda del tuo profumo preannunciava il tuo arrivo già sull'uscio.
Sono stesa sul divano, la coperta di lana sulle gambe, il cuscino in lattice del mio letto, la tazza bollente di tè appena preparato e una rosa gialla nel vaso retrò sul vassoio, come se fossi malata. Sono malata d'amore per te, che mi manchi come l'aria. Oggi più di ieri.
E' altalenante la vita. Oggi ridi a crepapelle e domani piangi come un coccodrillo del Bengala. Chissà se i coccodrilli del Nilo hanno lacrime diverse. Magari meno amare. Ecco, voglio quelle, voglio le lacrime di un coccodrillo del Nilo.
Sono quasi due mesi che non ci vediamo e riesci a farmi provare un brivido inarrestabile lungo la schiena quando ti siedi sulla poltrona bianca accanto a me. Divino. Hai un ciuffetto ribelle che ti scende sulla fronte. Sei ancora più desiderabile, buffo il tuo sguardo graffiante, ti adoro.
Ma... è timido il tuo bacio, laconico, stringato. Sa di insicurezza. Dai, allarga le tue braccia e avvolgimi stretta come vorrei, ti prego. No, non lo fai. Squilla il tuo cellulare ed esci a rispondere. Il mio è spento, volutamente. E' l'unica possibile difesa contro il bisogno compulsivo di controllare messaggi e social networks ogni cinque minuti.
Entri dopo un eterno quarto d'ora raffreddato, con le labbra serrate, lo sguardo sintetico, mi dai un'occhiata telegrafica e mi rubi la coperta posandola sulle tue spalle mentre il tuo cellulare richiama nuovamente la tua attenzione con nuovi bip e note scialbe di suoni mai sentiti. Stavolta forse sono messaggi. Hai il cipiglio severo di chi va di fretta. Rilassati accanto a me e spegni quel telefono ti prego. No, non lo fai. Ti incollo l'aggettivo "sghembo" e sorridi sardonico allentando la cravatta e rotolando le maniche della camicia fino ai gomiti. Potevi venire in tuta, mi avresti dimostrato la volontà di stare rilassato con me, su questo divano enorme. Invece, sembri pronto per una conferenza e spegni piano il fuoco delle mie speranze. Guardo fuori dalla finestra le nubi a forma di cavolfiore. Ti ricordi quando ci abbracciavamo sulla sdraio al mare, stretti stretti a guardare il cielo? . Solo i tuoi baci interrompevano quegli istanti di estasi. Ma mi sembra di tirare fuori ogni ricordo da un mucchio di ragnatele. No, non ricordi più. Ed ora che fai? Ti adombri, non parli, mi fissi. Come è lontana la tua vicinanza. Quanto inaccessibile è il tuo mondo interiore. Dimmi che sto solo sognando, non mi stai lasciando vero?.
Ecco ti alzi in piedi. Decidi. Questo è il momento giusto. Ora che hai capito che sono pronta. Ora che hai capito che ho capito.
Ma sai amore, sono nostri quegli istanti che abbiamo condiviso. Non importa quanto sia cambiato, nè che lo sia. Ovunque saremo, quando vorremo, ci basterà ricordare e saremo insieme. Io voglio pensare questo.
Ora vai. Per facilitarti le cose, addio te lo dirò io.
Sono stesa sul divano, la coperta di lana sulle gambe, il cuscino in lattice del mio letto, la tazza bollente di tè appena preparato e una rosa gialla nel vaso retrò sul vassoio, come se fossi malata. Sono malata d'amore per te, che mi manchi come l'aria. Oggi più di ieri.
E' altalenante la vita. Oggi ridi a crepapelle e domani piangi come un coccodrillo del Bengala. Chissà se i coccodrilli del Nilo hanno lacrime diverse. Magari meno amare. Ecco, voglio quelle, voglio le lacrime di un coccodrillo del Nilo.
Sono quasi due mesi che non ci vediamo e riesci a farmi provare un brivido inarrestabile lungo la schiena quando ti siedi sulla poltrona bianca accanto a me. Divino. Hai un ciuffetto ribelle che ti scende sulla fronte. Sei ancora più desiderabile, buffo il tuo sguardo graffiante, ti adoro.
Ma... è timido il tuo bacio, laconico, stringato. Sa di insicurezza. Dai, allarga le tue braccia e avvolgimi stretta come vorrei, ti prego. No, non lo fai. Squilla il tuo cellulare ed esci a rispondere. Il mio è spento, volutamente. E' l'unica possibile difesa contro il bisogno compulsivo di controllare messaggi e social networks ogni cinque minuti.
Entri dopo un eterno quarto d'ora raffreddato, con le labbra serrate, lo sguardo sintetico, mi dai un'occhiata telegrafica e mi rubi la coperta posandola sulle tue spalle mentre il tuo cellulare richiama nuovamente la tua attenzione con nuovi bip e note scialbe di suoni mai sentiti. Stavolta forse sono messaggi. Hai il cipiglio severo di chi va di fretta. Rilassati accanto a me e spegni quel telefono ti prego. No, non lo fai. Ti incollo l'aggettivo "sghembo" e sorridi sardonico allentando la cravatta e rotolando le maniche della camicia fino ai gomiti. Potevi venire in tuta, mi avresti dimostrato la volontà di stare rilassato con me, su questo divano enorme. Invece, sembri pronto per una conferenza e spegni piano il fuoco delle mie speranze. Guardo fuori dalla finestra le nubi a forma di cavolfiore. Ti ricordi quando ci abbracciavamo sulla sdraio al mare, stretti stretti a guardare il cielo? . Solo i tuoi baci interrompevano quegli istanti di estasi. Ma mi sembra di tirare fuori ogni ricordo da un mucchio di ragnatele. No, non ricordi più. Ed ora che fai? Ti adombri, non parli, mi fissi. Come è lontana la tua vicinanza. Quanto inaccessibile è il tuo mondo interiore. Dimmi che sto solo sognando, non mi stai lasciando vero?.
Ecco ti alzi in piedi. Decidi. Questo è il momento giusto. Ora che hai capito che sono pronta. Ora che hai capito che ho capito.
Ma sai amore, sono nostri quegli istanti che abbiamo condiviso. Non importa quanto sia cambiato, nè che lo sia. Ovunque saremo, quando vorremo, ci basterà ricordare e saremo insieme. Io voglio pensare questo.
Ora vai. Per facilitarti le cose, addio te lo dirò io.
Ho conosciuto uomini che non sanno affrontare le difficoltà.
Girano l'angolo, fuggono, scappano.
Sono uomini che non sanno amare.