Diario di una caffeinomane incontinente

"Un caffè, grazie". E' il quinto della giornata.
Non trovo lo zucchero di canna, dov'è lo zucchero di canna! "Scusi avrebbe una bustina di zucchero di canna?". Eccolo lo zucchero di canna. Meglio due, canna. Oggi voglio addolcire la mia nevrosi bucolica spalmandola di minuscoli granellini sul fondo della tazzina da caffè. Ti disintegro. Aggiungo una bustina e agito il cucchiaino con la speranza di ottenere magicamente una cremina delicata, al caffè, effetto spasmolitico assicurato.
Mentre mi specchio sull'ampia vetrata del bar, le mie occhiaie chiedono pietà. Basta dormire così poco!. Se non fosse per il gatto che miagola tutte le notti sul davanzale della mia finestra, il cane che abbaia incazzato col vicino insolente e con il gatto sul davanzale, le duecento mail da leggere sotto le coperte come un rito, il libro da finire, i racconti da scrivere e i sette caffè al giorno, forse riuscirei a chiudere occhio ad un'ora decente.
Cerco uno sgabello.
Sono costretta a sedermi a mezzo gluteo, mantenendo mezzo piede sul paletto trasversale di appoggio e l'altro per terra, in bilico. E' una strategia in realtà, per evitare fastidiose perdite di urina che incedono automaticamente al primo sorso di caffè bollente. E' come se si accendesse un interruttore e che io non riuscissi a spegnerlo.
Quella è Deborah!
"Scusi potrebbe farmi un altro caffè?" chiedo scalpitante. Non posso non fare compagnia alla mia amica. Ho la sensazione di avere le spine sotto al gluteo fracassato nello sgabello e il cuore batte a mille all'ora. L'incessante tachicardia mi rammenta quanto io sia un'idiota. E sono già a sei.
Esco compiendo pochi semplici passi e non posso fare a meno di sentire un "caldino" tepore scivolare là in mezzo, appoggiarsi sul materassino dello slip (ho acquistato quelli dell'ultima pubblicità) facendomi catapultare nella vecchiaia.
Ho appena cinquantanni e mi ritrovo già da rottamare.
Salgo in macchina con un passo infedele che tradisce il tentativo di frenare ancora due goccette di pipì. Bruciano.
Sento l'impellenza farsi padrona e cerco disperatamente un altro bagno, nonostante prima di partire sia già andata due volte. Stavolta mi trovo in una toilette di un altro autogrill dove la pipì è solo a pagamento oppure bisogna ordinare qualcosa per poter mingere gratis.
"Un caffè", sentenzio al bancone. E' il settimo.
Un uomo vestito di tutto punto mi si avvicina curioso. Ha gli occhi piccoli ma le sopracciglia ben disegnate a carboncino nero su una tela di un viso pacato.  Il mio volto si fa paonazzo. Mi sento sporca, umida, bagnata, irritata, escoriata e incontinente e provo un incredibile senso di vergogna. Questa condizione penosa quanto invalidante mi tormenta.
"Lei è davvero una tipa interessante" mi sussurra l'uomo in tailleur con voce nervosa che sapeva di gentile caffeina.
Il suo sguardo ammaliante mi cattura.
"Posso offrirle un caffè?", mi chiede galvanizzato.

Non so se la natura umana faccia mai dei calcoli matematici nell'incedere flemmatico delle cose. Fatto sta che risposi di ....
no.
E corsi nuovamente in bagno. A rotta di collo.



Piccoli studi clinici rivelano che la diminuzione del consumo di caffeina migliori la continenza.
Tomlinson B et al. Dietary caffeine, fluid intake and urinary incontinence in older rural women. Int Urogynecol J Pelvic Floor Dysfunction, 1999

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