Scusa se non ti chiamo Amore, tu sei l'Amore

Eri il mio giardino.
Ti annaffiavo, ti ammiravo, mi prendevo cura di te. Il tuo riverbero mi accecava .
La bellezza del verde  della natura raggiunge livelli impensabili. Il verde ha più sfumature di qualsiasi altro colore. Erano verdi  i tuoi occhi, di un brillante color smeraldo che diventava azzurro o grigio secondo la presenza o meno delle nuvole. Immagina ora una rosa color crema, una rosa rampicante, inglese , unica, con più di cento petali. L'avrei rubata per te, tanto le assomigliavi. Era abbagliante la tua bellezza. Disarmante.

L'amore che provavo per te era sincero, ero un giardiniere devoto, meticoloso. Io parlavo alle mie piante con la stessa tonalità dei nostri lunghi discorsi. Mi hai insegnato molto sulle note delle parole. Dicevi che la tonalità bassa era più responsiva ad assimilare la clorofilla. Volevi che usassi  lo stesso tono anche con te.
Eri, più che mai, una rara candida camelia nel mio Eden.
Con le piante avevo instaurato un legame così profondo e appassionato, che mi chiedevi spesso chi amavo di più. E quando mi osservavi sforbiciare il bosso, ti sedevi accanto a me, sul prato morbido, e ti sembrava di stare tra le mie braccia. Lo definivi "un giardino acculturato" il nostro, per le storie che ti raccontavo sull'origine di ogni fiore. E poi ci stendavamo insieme sull'erba e davamo corpo ai pensieri inseguendo le nuvole.
Eri una vibrazione sentimentale che mi arrivava dritta all'anima. L'importante era mettersi in ascolto. In ascolto delle tue emozioni profonde , per me. Eri il mio dolce tormento creativo.
Le concimavo le mie piantine, con la nitida determinazione di un cuoco che ti prepara il piatto preferito. Cucinavo per te con Amore.
Poi un giorno, quella macchia gialla sulla rosa polare, la tua preferita, mi ha reso insopportabile. Ma per me era il segno che tu non stavi più bene, ti chiesi più volte di sottoporti a degli accertamenti.
Mi accusavi di amare i nostri fiori più di quanto amassi te. Preferivi il giardino in abiti d'autunno, perché richiedeva meno tempo a curare le piante. Mi dicevi che ero pazzo. Pazzo a trovare soddisfazione mescolando terra e guardando nuove foglioline e poi nuovi fiori prendere forma.
Il fatto è' che quando si entra in simbiosi con la natura, si captano messaggi impensabili. Noi siamo natura. E quella foglia gialla era la premonizione di una voragine.
I tuoi occhi ingiallivano e tu non riuscivi nemmeno a guardarti allo specchio. Non eri ancora stata dal dottore. Te lo chiedevo tutti i giorni e tu minacciavi di andartene. "Non mi ami più " mi dicevi stizzita. Solo perché non ti chiamavo Amore ? . Hai alzato un muro, oltre al quale svolazzava l'universo. Ti sei isolata dietro a malinconiche occhiaie. Hai smesso di ascoltare le mie storie di fiori e alberi, coprendole con il frastuono delle tue distrazioni. E mentre la chimica della passione amorosa si affievoliva, la rosa bianca si accasciava su se stessa seccando le sue foglie che cadevano ad una ad una. I petali erano di uno svenevole bianco. Non sono serviti i pesticidi, ne' una drastica recisione, non è' servito lo strapianto ne' il concime liquido. La rosa polare (polar stein) era morta.
Mi manchi amore mio.


Giulio porta una rosa bianchissima, la rosa polare, dai petali appuntiti, tutte le settimane in cimitero da sua moglie. Ha continuato a prendersi cura del giardino con lo stesso amore che provava per lei. 
Il giardinaggio cura le anime inquiete. È' una dolce carezza che da' vita. 



Non ti preoccupare dell'amore profondo di un uomo per le piante,
Non ti trascurerà ' mai


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