Una "semplicissima" storia d'amore
In quell'auto rovente sotto il sole pomeridiano di giugno, mentre il sole scioglieva timidamente il mascara dalle mie ciglia, la tua mano sfiorava la mia.
Il finestrino offriva lo scorcio di un tramonto ormai prossimo e tu fissavi la mia collana d'ambra. Non avevo mai visto due occhi così azzurri. "Quanto bella sei", mi dicesti tu.
Nel parcheggio ancora gremito di automobili parcheggiate a spina di pesce il caldo non era più insopportabile. Tu, avvolto in una camicia bianca aperta sul petto quanto basta per risaltarne l'eleganza, avevi un fascino indisciplinato, sconvolgente. Se l'amore è il groviglio delle umane debolezze io ci ero già dentro.
Non ricordo quanto tempo siamo stati a parlare. Ne' la fame, né' la sera ci scollavano da quei sedili. Scendemmo dall'auto per sgranchirci le gambe. O forse per sentirci ancora più dentro a quel magico groviglio. Non mi permettesti di aprire da sola la mia porta. Anticipai quel gesto con estrema galanteria. Era pura bellezza cristallina la tua. Non ti avevo mai osservato così bene. Il camice bianco mostra quello che non sei, e mai abbastanza di quello che sei veramente.
Scivolavi le mani umide continuamente sui jeans scuri, per asciugarle. Era timidezza, imbarazzo, agitazione o semplicemente il cuore impazzito? E se fosse stato amore ? Quello nella sua forma più ampia e vaga. Dilatata, travolgente. Si, era amore. Quello che ti cattura e lascia il mondo chiuso fuori dal finestrino. Quello che guarisce e ti aiuta a trovare la soluzione ai problemi della vita. Quello che rende tutto più bello. Oggi lo so che era ed è così.
Le tue dita sfiorarono il mio mento tirandolo a te, e non appena le tue labbra si appoggiarono alle mie, capii che quello era l'inizio di un volo, in un altro pianeta, come ancora lo definisci tu.
Non staccavo gli occhi dal tuo volto armonico mentre parlavi per ore della tua vita. Non mi interessavano però gli ingorghi del passato, il mio sorriso si faceva mordace e in quella cavillosa circostanza tu riuscisti a far scomparire una mia lacrima quando, specchiandoti nei miei occhi, mi dissi che ti vedevi sfumato, come nelle vetrine di un negozio. Non potei non scoppiare in una risata fragorosa. Anche quando, fissando i miei tacchi a spillo mi chiesi se fossero stati in grado di devastare un vecchio pavimento in legno di quercia, perché se avessimo fatto l'amore, non me li avresti mai tolti. Avevo scoperto una sfrenata simpatia, una capacità di metamorfosi in base alla curvatura degli angoli della mia bocca. Mi ricordavi simpaticamente, il decollo sghembo di un pallone aerostatico difettoso. Tentavi di portarmi su per poi scendere in picchiata e riportarmi su per farmi sorridere. Volevi spiegarmi che la vita non è' tutto rosa o tutto bianco o tutto grigio o tutto nero. Volevi farmi capire che non stavamo vivendo un sogno, ma una "terribile" e "formidabile" realtà.
Ora, avevamo urgentemente bisogno di una soluzione ai nostri mille problemi " organizzativi". I figli tuoi, i figli miei, la casa tua, la casa mia, il compagno mio e la "storia" tua.... Ma tu, riuscivi a leggere il mio balletto di idee, nello stesso istante in cui esse prendevano forma, con L'agilità e la sincronia di una coppia di danzatori professionisti. Poi, sprofondando lo sguardo l'uno dentro all'altra avevamo già deciso tutto. Le nostre voci non erano più piene di interferenze. I nostri cuori possedevano la logica interna dell'accadere. A noi era accaduto. Non era colpa nostra. Nell'amore ci eravamo finiti dalla testa ai piedi, niente e nessuno ci avrebbe più fermato.
Mi portasti a casa tua, silenziosi ci fondemmo nella biancheria del letto. Avevamo fretta di riavvolgere il nastro del dolore con i toni pacati di chi ha sofferto tanto e cercava un po' di felicità.
Mi hai fatto tornare bambina.
Alle cinque del mattino, le nostre ombre intense, aperte in un chiarore di vetro, erano ancora la', avvolte in un abbraccio che ancora oggi, dopo anni, continua incessante, in una splendida atmosfera di vero amore.
Il finestrino offriva lo scorcio di un tramonto ormai prossimo e tu fissavi la mia collana d'ambra. Non avevo mai visto due occhi così azzurri. "Quanto bella sei", mi dicesti tu.
Nel parcheggio ancora gremito di automobili parcheggiate a spina di pesce il caldo non era più insopportabile. Tu, avvolto in una camicia bianca aperta sul petto quanto basta per risaltarne l'eleganza, avevi un fascino indisciplinato, sconvolgente. Se l'amore è il groviglio delle umane debolezze io ci ero già dentro.
Non ricordo quanto tempo siamo stati a parlare. Ne' la fame, né' la sera ci scollavano da quei sedili. Scendemmo dall'auto per sgranchirci le gambe. O forse per sentirci ancora più dentro a quel magico groviglio. Non mi permettesti di aprire da sola la mia porta. Anticipai quel gesto con estrema galanteria. Era pura bellezza cristallina la tua. Non ti avevo mai osservato così bene. Il camice bianco mostra quello che non sei, e mai abbastanza di quello che sei veramente.
Scivolavi le mani umide continuamente sui jeans scuri, per asciugarle. Era timidezza, imbarazzo, agitazione o semplicemente il cuore impazzito? E se fosse stato amore ? Quello nella sua forma più ampia e vaga. Dilatata, travolgente. Si, era amore. Quello che ti cattura e lascia il mondo chiuso fuori dal finestrino. Quello che guarisce e ti aiuta a trovare la soluzione ai problemi della vita. Quello che rende tutto più bello. Oggi lo so che era ed è così.
Le tue dita sfiorarono il mio mento tirandolo a te, e non appena le tue labbra si appoggiarono alle mie, capii che quello era l'inizio di un volo, in un altro pianeta, come ancora lo definisci tu.
Non staccavo gli occhi dal tuo volto armonico mentre parlavi per ore della tua vita. Non mi interessavano però gli ingorghi del passato, il mio sorriso si faceva mordace e in quella cavillosa circostanza tu riuscisti a far scomparire una mia lacrima quando, specchiandoti nei miei occhi, mi dissi che ti vedevi sfumato, come nelle vetrine di un negozio. Non potei non scoppiare in una risata fragorosa. Anche quando, fissando i miei tacchi a spillo mi chiesi se fossero stati in grado di devastare un vecchio pavimento in legno di quercia, perché se avessimo fatto l'amore, non me li avresti mai tolti. Avevo scoperto una sfrenata simpatia, una capacità di metamorfosi in base alla curvatura degli angoli della mia bocca. Mi ricordavi simpaticamente, il decollo sghembo di un pallone aerostatico difettoso. Tentavi di portarmi su per poi scendere in picchiata e riportarmi su per farmi sorridere. Volevi spiegarmi che la vita non è' tutto rosa o tutto bianco o tutto grigio o tutto nero. Volevi farmi capire che non stavamo vivendo un sogno, ma una "terribile" e "formidabile" realtà.
Ora, avevamo urgentemente bisogno di una soluzione ai nostri mille problemi " organizzativi". I figli tuoi, i figli miei, la casa tua, la casa mia, il compagno mio e la "storia" tua.... Ma tu, riuscivi a leggere il mio balletto di idee, nello stesso istante in cui esse prendevano forma, con L'agilità e la sincronia di una coppia di danzatori professionisti. Poi, sprofondando lo sguardo l'uno dentro all'altra avevamo già deciso tutto. Le nostre voci non erano più piene di interferenze. I nostri cuori possedevano la logica interna dell'accadere. A noi era accaduto. Non era colpa nostra. Nell'amore ci eravamo finiti dalla testa ai piedi, niente e nessuno ci avrebbe più fermato.
Mi portasti a casa tua, silenziosi ci fondemmo nella biancheria del letto. Avevamo fretta di riavvolgere il nastro del dolore con i toni pacati di chi ha sofferto tanto e cercava un po' di felicità.
Mi hai fatto tornare bambina.
Alle cinque del mattino, le nostre ombre intense, aperte in un chiarore di vetro, erano ancora la', avvolte in un abbraccio che ancora oggi, dopo anni, continua incessante, in una splendida atmosfera di vero amore.