I migliori gesti si raccontano in un mare di lacrime.
Tratto da una storia vera. Grazie mamma.
Sfiori le mie guance rigate di lacrime, non importa se ti bagni. Me le asciughi una ad una.
Rimango a tratti stupita e a tratti piacevolmente rapita dal tuo umile gesto. Non esiste il paradiso, ne sono convinta, ma nelle tue mani c'è qualcosa di celestiale ed io assegno loro un'aurea mitica.
In silenzio prendi le mie braccia magre e le sollevi come se fossero ramoscelli secchi.
Mi stai aiutando a spogliarmi con la dolcezza di chi scarta un pacchetto di cristallo.
Sfiorano le mie labbra con armonica poesia le tue braccia, mentre mi sfili la camicia mezza sbottonata. La tua pelle profuma di buono, come un tempo. Ritorno bambina.
Tu, la mia mamma di sempre, mi accudisci ora come non facevi da tantissimo tempo. Ora, che la malattia si fa strada tra le mie paure, tu sei parte di me.
Sei stata una maestra inflessibile nelle giornate di pioggia. Una maestra dalla voce stentorea, reboante. Come le gocce oggi, che picchiano incessanti e potenti sui vetri puliti.
Tanto era il tempo che mi dedicavi. Ricco il tuo vocabolario emotivo. Belli i tuoi racconti inventati.
Sei sempre stata una mamma simpatica, ordinata e meticolosa.
Ricordo ancora quando lanciavo in aria pantaloni e camicette, appesi per una gamba o una manica su tutte le maniglie di porte e finestre. Tu passavi a piegare minuziosamente ogni capo, senza fiatare.
Aiuto.
La testa gira impazzita e tu mi reggi le spalle sollevandomi il mento con due dita. "Guarda su, respira a fondo, stai tranquilla", mi dici per scongiurare ogni possibile svenimento.
Nausea.
Leghi i miei capelli con un elastico nero. Ne tenevi sempre uno al polso anche quando ero bambina. Mi spostavi la folta chioma di capelli scivolando a mani aperte sulla fronte mentre vomitavo. Come ora, mi sorreggi.
Apri veloce la flebo. Non vuoi vedermi soffrire. Speri che tutto questo passi in fretta ma la conosci bene la verità e il mio tono querulo fa di te una madre taciturna. Compensi il mio dolore con le tue amorevoli cure. Come farei senza di te.
Mi porgi il bicchiere, c'è dell'acqua con il ghiaccio che hai portato da casa. Vuoi raffreddare i miei lamenti, vorresti sbloccare gli ingorghi del mio passato, fare spazio al perdono. Non sentirti in colpa mammina cara. Non saresti capace di essere ciò che sei ora se non avessimo vissuto istanti di vero amore insieme.
Ti perdono mamma bellissima, per tutto quello che non mi hai detto e per tutto quello che non hai saputo dirmi. Perché i migliori gesti si raccontano in un mare di lacrime. Essi valgono più di cento parole.
Sfiori le mie guance rigate di lacrime, non importa se ti bagni. Me le asciughi una ad una.
Rimango a tratti stupita e a tratti piacevolmente rapita dal tuo umile gesto. Non esiste il paradiso, ne sono convinta, ma nelle tue mani c'è qualcosa di celestiale ed io assegno loro un'aurea mitica.
In silenzio prendi le mie braccia magre e le sollevi come se fossero ramoscelli secchi.
Mi stai aiutando a spogliarmi con la dolcezza di chi scarta un pacchetto di cristallo.
Sfiorano le mie labbra con armonica poesia le tue braccia, mentre mi sfili la camicia mezza sbottonata. La tua pelle profuma di buono, come un tempo. Ritorno bambina.
Tu, la mia mamma di sempre, mi accudisci ora come non facevi da tantissimo tempo. Ora, che la malattia si fa strada tra le mie paure, tu sei parte di me.
Sei stata una maestra inflessibile nelle giornate di pioggia. Una maestra dalla voce stentorea, reboante. Come le gocce oggi, che picchiano incessanti e potenti sui vetri puliti.
Tanto era il tempo che mi dedicavi. Ricco il tuo vocabolario emotivo. Belli i tuoi racconti inventati.
Sei sempre stata una mamma simpatica, ordinata e meticolosa.
Ricordo ancora quando lanciavo in aria pantaloni e camicette, appesi per una gamba o una manica su tutte le maniglie di porte e finestre. Tu passavi a piegare minuziosamente ogni capo, senza fiatare.
Aiuto.
La testa gira impazzita e tu mi reggi le spalle sollevandomi il mento con due dita. "Guarda su, respira a fondo, stai tranquilla", mi dici per scongiurare ogni possibile svenimento.
Nausea.
Leghi i miei capelli con un elastico nero. Ne tenevi sempre uno al polso anche quando ero bambina. Mi spostavi la folta chioma di capelli scivolando a mani aperte sulla fronte mentre vomitavo. Come ora, mi sorreggi.
Apri veloce la flebo. Non vuoi vedermi soffrire. Speri che tutto questo passi in fretta ma la conosci bene la verità e il mio tono querulo fa di te una madre taciturna. Compensi il mio dolore con le tue amorevoli cure. Come farei senza di te.
Mi porgi il bicchiere, c'è dell'acqua con il ghiaccio che hai portato da casa. Vuoi raffreddare i miei lamenti, vorresti sbloccare gli ingorghi del mio passato, fare spazio al perdono. Non sentirti in colpa mammina cara. Non saresti capace di essere ciò che sei ora se non avessimo vissuto istanti di vero amore insieme.
Ti perdono mamma bellissima, per tutto quello che non mi hai detto e per tutto quello che non hai saputo dirmi. Perché i migliori gesti si raccontano in un mare di lacrime. Essi valgono più di cento parole.