Lettera di una infermiera al suo papà malato
Caro papà,
Pensavo che essere un' infermiera avrebbe reso la mia vita più facile. E la tua ancora di più.
Pensavo, con la laurea, di aver ottenuto tutto il sapere medico che mi avrebbe consentito di aiutarti nei momenti in cui avresti avuto bisogno. Come questo.
Pensavo che la sofferenza, toccandola giornalmente con mano, con i miei pazienti, sarebbe stata solamente come un gradino di una scala. Ma la scala non doveva essere quella di casa nostra. E la sofferenza non doveva essere la tua. Non era così che avevo progettato il mio destino. E nemmeno il tuo.
Pensavo che essere infermiera mi avrebbe consentito di saperti fare un prelievo, metterti una flebo e medicarti perfettamente, senza doverti sempre portare in ospedale, e pensavo, che con me, non avresti mai avuto paura dei medici. Avrei parlato io per te. Io, da brava infermiera, ti avrei tenuto la mano con empatia, detto parole di conforto, quelle che di solito aiutano, fatto una carezza senza piangere.
Ma non è così che deve essere.
Essere infermiera ha reso la mia vita più facile... Agli altri. Ma non a te.
Essere infermiera ha aumentato le tue ansie e le mie paure, le notti insonni e i pianti sul cuscino.
Tu non hai bisogno di una infermiera papà. Tu hai bisogno di una figlia. Una figlia che ti dia coraggio in questa battaglia che stiamo combattendo. Stiamo. E non stai.
Una figlia che sappia ammettere le proprie fragilità. Quelle che con gli altri pazienti non appaiono.
Quelle che agli altri sembrano colline ma con te sono montagne impervie.
Ecco, è' questa la differenza.
Allora ...
Lasciamoci cullare papà, dalle brave infermiere come me, figlie di altri papà, che sapranno curarti e assisterti magnificamente ma non amarti come ti amo io. Ora so quale è il mio compito.
(Ringrazio la mia splendida sorella per avermi aperto gli occhi)
Pensavo che essere un' infermiera avrebbe reso la mia vita più facile. E la tua ancora di più.
Pensavo, con la laurea, di aver ottenuto tutto il sapere medico che mi avrebbe consentito di aiutarti nei momenti in cui avresti avuto bisogno. Come questo.
Pensavo che la sofferenza, toccandola giornalmente con mano, con i miei pazienti, sarebbe stata solamente come un gradino di una scala. Ma la scala non doveva essere quella di casa nostra. E la sofferenza non doveva essere la tua. Non era così che avevo progettato il mio destino. E nemmeno il tuo.
Pensavo che essere infermiera mi avrebbe consentito di saperti fare un prelievo, metterti una flebo e medicarti perfettamente, senza doverti sempre portare in ospedale, e pensavo, che con me, non avresti mai avuto paura dei medici. Avrei parlato io per te. Io, da brava infermiera, ti avrei tenuto la mano con empatia, detto parole di conforto, quelle che di solito aiutano, fatto una carezza senza piangere.
Ma non è così che deve essere.
Essere infermiera ha reso la mia vita più facile... Agli altri. Ma non a te.
Essere infermiera ha aumentato le tue ansie e le mie paure, le notti insonni e i pianti sul cuscino.
Tu non hai bisogno di una infermiera papà. Tu hai bisogno di una figlia. Una figlia che ti dia coraggio in questa battaglia che stiamo combattendo. Stiamo. E non stai.
Una figlia che sappia ammettere le proprie fragilità. Quelle che con gli altri pazienti non appaiono.
Quelle che agli altri sembrano colline ma con te sono montagne impervie.
Ecco, è' questa la differenza.
Allora ...
Lasciamoci cullare papà, dalle brave infermiere come me, figlie di altri papà, che sapranno curarti e assisterti magnificamente ma non amarti come ti amo io. Ora so quale è il mio compito.
(Ringrazio la mia splendida sorella per avermi aperto gli occhi)