LA MUSICA DI CASA TUA ...in ospedale

Lui si trovava là, nella sala lettura del nosocomio, al terzo piano. Stava ingoiato nella poltrona verde menta, girato di spalle. Osservava i monti, abbarbicati ad un cielo chiaro. Accanto a lui, il paletto della flebo gli faceva una sorta d'ombra, filiforme, che copriva il volto a metà dividendolo in due.
Il viso illuminato era raggiante, la guancia rosea, il sopracciglio aggrottato e la palpebra socchiusa. L'altra metà era pallida, con un occhio stanco e un lato della bocca cadente. La luce diafana lasciava intravvedere i contorni di ogni cosa.
Tra i capelli scompigliati, gli occhi pesti mi mostravano un uomo stanco di soffrire.
C'era una strana musica nella sala. Dolce, soft, rilassante. Proveniva dalle casse installate sul soffitto.  Nel nostro ospedale c'è un sistema stereo in tutti i reparti ma solo alcuni lo scelgono in modalità "on". 
Essere ricoverati è come veder interrompere la propria vita, ma quella musica ti dà quell'ebbrezza tipica di chi di vita ne vuole ancora tanta. E' bello ondeggiare in corridoio con un sottofondo musicale. Ascoltare le parole di una canzone, spostare l'attenzione.
Durante la malattia e il ricovero ospedaliero, è come stare in un ascensore in vorticosa salita.  Quando sei in cima, cullato da una qualsivoglia canzone che suoni nella tua testa, anche al lordo della nostalgia di casa, si riflette. 
"Voglio scendere o stare qui?".
"Non è forse la malattia stessa che mi chiede una pausa?".
"Intorno alla stanza, vedo solo il bianco, e nelle orecchie, sento tanti suoni strani non musica. Dalla voce del dottore a quella dell'infermiera, allo scalpiccio della signora delle pulizie, il clangore dei vassoi dell'operatrice della mensa. E lo sbattere del vetro contro vetro delle bottiglie di flebo, il bip del saturimetro sul dito, il fruscio dell'ossigeno al muro e delle lenzuola che stridono. Non musica".
Se anche tu non dovessi sentire quella musica, pensa ai toni di tutte le parole e ai rumori di tutte le promesse che hai pronunciato nella tua vita. Misura la discrasia che trascolora tra quanto espresso e quanto realizzato, conta le note stonate, stridenti. Era un'orchestra scordata e disarmonica quella promessa o un concerto mozzafiato?
Progetta, sogna, porta un pezzetto di casa tua in ospedale. Le cuffiette che collegavi al telefono, il libro del tuo comodino, la tua federa profumata, una foto, la tua canzone preferita.
Sentiti comunque a casa anche in ospedale.  La musica serve a questo. A farti sentire meno male, o un po' più bene, a darti quella pseudo serenità che tanto chiedi, quel "quasi casa", quasi. 
Allora chiediamola in modalità "on", in tutti i reparti, le corsie e le sale d'attesa. Chiediamola soft, delicata, di tutti i generi, per tutte le età, in tutti gli stili. Quella del vecchio giradischi, delle cassette a nastro, dei primi cd. Chiediamo la musica armonica, come quella di casa nostra.
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