SCAMBIAMOCI DI POSTO

Si intravvedeva solo una gamba infilata nel pantalone largo, di seta azzurra, L'altra non era piegata, nè nascosta, non c'era.
La signora attendeva sul porticato il passaggio in auto del familiare. Stava nella sedia a rotelle, dritta sullo schienale. Avrà avuto una cinquantina d'anni e quattro o cinque tatuaggi sulle braccia. Disegni grandi e colorati, forse fatti di recente; il colore era vivo, non sbiadito. Uno assomigliava al mio, che con la chemioterapia è diventato opaco, meno visibile.
Alle orecchie teneva due cuffiette bianche. Ascoltava musica?
Aveva il sorriso stampato e le pieghe felici sulle guance, con le labbra curvate all'insù e la pazienza negli occhi. Chissà quanti le avranno osservato quella gamba mancante, che a confronto con l'altra sembrava ancora più assente. Io mi sono tolta subito il foulard dalla testa. Faceva un caldo terribile e la fronte gocciolava salata sulle mie ciglia. Il terzo ciclo di chemio era stato pesante. Anch'io attendevo la mia amica. 
Mi metteva di buon umore quel vento sotto la maglietta nel caldo torrido. Chissà se anche lei, schiacciata sullo schienale lo sentiva. Io, con la borsa al braccio che avrà pesato cinque chili, mi sentivo menomata e impedita nei movimenti, e lei cosa avrebbe dovuto dire?
Si muoveva sciolta anche sulla sedia a rotelle, avanzando piccoli passettini col tallone del sandalo consunto, come per trascinarsi verso l'entrata delle auto. Ho notato che aveva lo smalto alle unghie del piede, lucido.
Quando il marito, o forse il fratello, dallo sguardo simile, è sceso per caricarla in macchina, lei si è alzata dalla sedia caricando il peso sulla gamba, e appoggiando le ascelle alle stampelle. Sembrava un'altra persona in piedi. "Vuole una mano signora? Posso aiutarla?" Mi sono avvicinata con garbo.
"E che le sembro disabile?"
Mah... veramente...
Non sapevo cosa rispondere. Il concetto di disabilità era solo nella mia testa, non nella sua. Sono stata zitta e le ho regalato un sorriso comunque. C'era un po' di rabbia nella sua battuta. Forse avrebbe voluto anche lei portare una borsa di cinque chili al braccio e sentire quell'aria far svolazzare la maglietta sudata. O forse avrebbe preferito una chioma senza capelli ad un corpo senza gamba. O forse desiderava semplicemente la sua gamba, rubatale da chissà chi, e sotterrata da qualche parte, in attesa del resto del suo corpo. 
Io le avrei ceduto volentieri il mio posto, ma lei a me, il suo. 

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