Da grande farò l'infermiere

Neanche quella brutta mosca dalle ali giganti appoggiata sulla loro gamba riesce a rubare l'attenzione dei due bambini. Fissano la pancia della loro nonna semi seduta in poltrona, pronta per la medicazione.
Sono Marco e Matteo, di quattro e sei anni, i nipoti della mia paziente, protagonisti innocenti di questa storia. Me lo ha raccontato lei, la nonna giovane dal sorriso che ti assale. Porta una stomia a destra stavolta. Un sacchetto apribile e da svuotare delle feci. Lei le conosce bene le stomie. Due anni fa la portava a sinistra con un sacchetto chiuso e più piccolo. Era facile gestirla, non come questa che dà un sacco da fare. Tra svuotamenti e medicazioni della lesione che si è formata intorno, la giornata impegna sua figlia, infermiera improvvisata, a tempo pieno.
I due marmocchietti non discostano lo sguardo un attimo. Se ne stanno vicini vicini, con le mani tra le ginocchia strette, chiusi nelle spalle timide. Osservano incuriositi come va il mondo e cosa significa prendersi cura di qualcuno. Sono spettatori di una lezione di vita alla quale tutti i bambini dovrebbero assistere. Sono osservatori della fragilità umana di fronte alla malattia, testimoni del male del secolo: il cancro. Ma sono loro, i bambini, che meglio di tutti sanno soffiare aria leggera tra i pensieri pesanti.
Lei, la nonna simpatica, non ci pensa minimamente a coprire loro gli occhi mentre la figlia l'aiuta a rimuovere la sacca sporca. E non tappa loro il naso per l'odore acre e intenso che sentono. La nonna sta bene e questo è solo un piccolo intoppo della vita. Accenna ad un sorriso, strizza l'occhiolino a Marco, il più piccolo, che pencola a destra e sinistra.
Sembra preoccuparsi del possibile dolore della sua nonna Matteo, il grande. Scende dallo sgabello attento e coraggioso. Si avvicina. Con ghigni grotteschi piega la testa di lato. I suoi occhi galleggiano nel vuoto. In gola, alla nonna, si va addensando un grumo di commozione. Marco ha una fifa blu invece, e rimane impalato sullo sgabello con le gambe ciondoloni. Ondeggia vago e timido. E' a quel punto che Matteo, quel volto roseo in una fontana di riccioli, ruba due salviettine dal comodino della nonna e le passa alla mamma, che sta cambiando la stomia. Si improvvisa infermiere, a sei anni, brillante e attento. Con il piglio disinvolto si siede sulla poltrona con la nonna, rimanendo inghiottito dagli alti braccioli. Allunga la manina sulla pancia della nonna, e in uno slancio spontaneo, tocca quella budella attaccata alla pelle. "Quella è cacca?", chiede incuriosito avvicinando il piccolo indice alla stomia con comica solennità.
Non é affatto schifato, nè spaventato. Giocherella con i guanti in lattice, cerca di infilare tutte le dita al posto giusto ma l'impresa appare ardua. Lo aiuta la mamma con garbo e poi la nonna, premurosa e solerte. Apre una garza, passa una carta. E' già un idolo.
"Quando sarò grande, voglio fare l'infermiere". E sciolsero le emozioni con un pianto di gioia.

Non abbiate paura di mostrare le ferite chirurgiche ai vostri bambini.
Non abbiate paura di mostrare la vostra stomia.


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